Il rigore del "primato"
Milan – Fiorentina 2 – 1
Se ne discute.
Se ne discuterà a lungo.
Tuttavia, onestamente, le immagini del replay dell’azione che ha originato il rigore che ha fatto infuriare i tifosi della Viola mostrano chiaramente un calciatore (Fabiano Parisi) che si accorge, con la coda dell’occhio, dell’arrivo di Santiago Gimenez e a tal proposito distende il braccio alla sua destra con la chiara volontà di interferirne la corsa. È sicuro che tale gesto non impedisce al messicano di prendere la palla. Il contatto è di lieve entità. Risulterebbe poco più di un buffetto se… appunto, c’è un se. Il difensore viola non allunga il suo braccio destro all’altezza del corpo dell’attaccante rossonero (giallo?) ma fa qualcosa di più. Lo alza fino a raggiungere una posizione perpendicolare alla spalla. A questo punto, com’è ovvio, la discussione non è più sull’entità (lieve) del contatto. Il gesto assume connotati diversi. Se ci pensiamo, anche un semplice dito che finisce in un occhio può creare seri problemi. Il gesto non ha nulla di tecnico. Parisi avrebbe potuto muovere tutto il suo corpo in modo da frapporsi alla corsa di Gimenez. Il messicano ben difficilmente avrebbe potuto appropriarsi del pallone e creare seri problemi alla retroguardia viola in quella fatidica occasione. Dunque, il difensore ha fatto una emerita ca...ta e non può appellarsi alla lieve entità del contatto. Se non è successo nulla di grave non è dovuto alla sua scelta tecnica ma al caso. Poi, esiste la questione sportiva. Subire un rigore così a 7 minuti dallo scadere del tempo regolamentare fa male, specie se coincide con la ennesima sconfitta stagionale. Il mea culpa, però, deve essere recitato dai viola nello spogliatoio. Chi è causa del suo mal pianga sé stesso. I rossoneri hanno già dato, e parecchio, nella scorsa stagione sbagliando tutto ciò che era possibile sbagliare: campagna acquisti, due allenatori, tattica di gioco e strategia stagionale. Non me ne vogliano i tifosi della Viola ma riesumare Stefano Pioli dal suo letargo non è stata una gran mossa. Contro il Milan, l’ex-Coach rossonero ha dato fondo a tutte le sue conoscenze sportive e umane. La Fiorentina ha giocato praticamente in difesa per quasi tutta la gara evidenziando i limiti della rosa avversaria dal punto di vista della caratura tecnica dei singoli componenti della squadra che giocoforza è dovuta scendere in campo e del gioco di Massimiliano Allegri che predilige misurarsi con formazioni che prendono il pallino del gioco per poi punirle in contropiede. Pioli da Mister “On fire” si è trasformato per una sera in un allenatore che ha predicato la formazioni di barricate (a Milano!) snaturando il suo credo calcistico ben noto ai tifosi rossoneri (all’arrembaggio, miei prodi!). Per quasi tutta la partita c’è riuscito a mettere nel sacco il suo più titolato avversario. Alla lunga, però, non ce l’ha fatta. Questa sconfitta non è da addebitarsi ai viola ma al loro attuale Mister. La colpa non è di Parisi o di Kean o del Presidente ma del Vate di Parma. Contava sulla buona sorte è proprio quest’ultima lo ha tradito. Ho già scritto a sufficienza del calcio di rigore ma in realtà non ho ancora affrontato il vero nodo cruciale della questione. I rigoristi del Milan hanno sbagliato gli ultimi penalty calciati. Ne sa qualcosa Tudor, graziato dal dischetto nell’ultima gara di campionato. Poteva accadere anche stavolta considerato che a calciare dagli undici metri non era Christian Pulisic bensì Rafael Leão. Non c’è nulla da fare. Quando il destino s’incaponisce contro di te è dura. Alla Viola non resta che esaminare questo inizio di stagione e correggere la rotta. La difesa regge. Centrocampo e attacco no. Qualcosa va fatto al riguardo. Cambio di allenatore? Calciomercato di gennaio? Ritiro forzato? Non lo so. Tuttavia persino uno sfegatato tifoso viola come il nostro Direttore non può non ammettere che non intervenire in alcun modo nuocerebbe ai risultati e all’intero ambiente. Forse, in fin dei conti, quel maledetto rigore che per il Milan vale il primato è addirittura stato provvidenziale. Chissà che la sconfitta di San Siro non porti anche una robusta sterzata al campionato della Fiorentina e dei suoi tifosi che non meritano l’abulia di gioco e risultati al quale stanno assistendo. C’è tempo per sistemare le cose. C’è tutto il tempo necessario. Occorre solo la precisa volontà di correggere ciò che è sbagliato. La Viola è una squadra troppo bella per contendere a Genoa e Pisa il fondo della classifica.
Il Milan, in emergenza, ha superato con moltissima fatica il primo esame da leader della classifica. Per ora è andata bene ma al di là del rigore giusto o meno un discorso sugli arbitraggi va comunque fatto. Non è possibile che ogni volta che un arbitro entra in campo a San Siro o veda i rossoneri (gialli?) confrontarsi con un’altra formazione estragga cartellini dalle proprie tasche più velocemente di quanto il Bagger 293 non sposti metri cubi di terra nella miniera a cielo aperto di Hambach, in Francia, per recuperare la lignite. L’intero settore destro del Milan è stato punito dal Direttore di gara. Sono finiti nel suo taccuino Fikayo Tomori, Zachary Athekame e Youssouf Fofana. Gosens e Fagioli non hanno fatto una gara così strepitosa da risultare una serissima preoccupazione eppure l’arbitro per tutto il primo tempo ha sventolato cartellini (se il colore della maglia indossata dai calciatori milanisti è stato scelto per esorcizzare le ammonizione mi sento di suggerire che sia giunto il momento di cambiar tattica) in faccia ai ragazzi come se non ci fosse un domani. E non è la prima volta che accade. Cambiano le partite, cambiano gli avversari ma l’atteggiamento della classe arbitrale nei confronti del Milan rimane lo stesso. A parità d’intervento, quello effettuato da un rossonero è punito con l’ammonizione mentre quello degli avversari al massimo con un rimprovero. C’era qualcuno che sosteneva che “Le Leggi con i nemici si applicano e con gli amici s’interpretano” (nella Storia è stato Giovanni Giolitti a inventare questa massima, mentre nel calcio lo ha abbondantemente citato Claudio Lotito, Presidente della Lazio).
L’ultimo argomento che vale la pena di affrontare è quello delle Coppe Europee. L’alta classifica è stata terremotata dalle sconfitte della Juventus (a Como), del Napoli (a Torino) e della Roma (contro l’Inter). Il Milan, ottavo nel precedente Torneo, è balzato al primo posto e questa situazione sembrerebbe rimarcare quanto accaduto lo scorso anno e cioè la vittoria del Napoli che non giocava in nessuna competizione europea. È possibile che il nostro calcio sia così scarso da non reggere il doppio confronto? È una questione di tattica? Di tecnica? Di soldi? Forse questi ultimi contano parecchio. Il doppio confronto significa allargamento della rosa dal punto di vista quantitativo ma anche qualitativo. Per ottenere entrambe queste cose ci vogliono soldi. Ogni atleta della rosa costa. Ogni campione in rosa costa. Più atleti, più campioni, più soldi. Questa equazione non è complicata da comprendere. Quando il Milan di Berlusconi faceva man bassa di titoli internazionali aveva Van Basten in campo e Marco Simone in panchina, ad esempio. Oggi, nel Milan, se manca Adrien Rabiot c’è Samuele Ricci. Il calcio, a volte, è così semplice da capire che non gli si dà troppo peso. Sbagliando.
Buona Vita e Buon Campionato rossonero a tutti.
Se ne discuterà a lungo.
Tuttavia, onestamente, le immagini del replay dell’azione che ha originato il rigore che ha fatto infuriare i tifosi della Viola mostrano chiaramente un calciatore (Fabiano Parisi) che si accorge, con la coda dell’occhio, dell’arrivo di Santiago Gimenez e a tal proposito distende il braccio alla sua destra con la chiara volontà di interferirne la corsa. È sicuro che tale gesto non impedisce al messicano di prendere la palla. Il contatto è di lieve entità. Risulterebbe poco più di un buffetto se… appunto, c’è un se. Il difensore viola non allunga il suo braccio destro all’altezza del corpo dell’attaccante rossonero (giallo?) ma fa qualcosa di più. Lo alza fino a raggiungere una posizione perpendicolare alla spalla. A questo punto, com’è ovvio, la discussione non è più sull’entità (lieve) del contatto. Il gesto assume connotati diversi. Se ci pensiamo, anche un semplice dito che finisce in un occhio può creare seri problemi. Il gesto non ha nulla di tecnico. Parisi avrebbe potuto muovere tutto il suo corpo in modo da frapporsi alla corsa di Gimenez. Il messicano ben difficilmente avrebbe potuto appropriarsi del pallone e creare seri problemi alla retroguardia viola in quella fatidica occasione. Dunque, il difensore ha fatto una emerita ca...ta e non può appellarsi alla lieve entità del contatto. Se non è successo nulla di grave non è dovuto alla sua scelta tecnica ma al caso. Poi, esiste la questione sportiva. Subire un rigore così a 7 minuti dallo scadere del tempo regolamentare fa male, specie se coincide con la ennesima sconfitta stagionale. Il mea culpa, però, deve essere recitato dai viola nello spogliatoio. Chi è causa del suo mal pianga sé stesso. I rossoneri hanno già dato, e parecchio, nella scorsa stagione sbagliando tutto ciò che era possibile sbagliare: campagna acquisti, due allenatori, tattica di gioco e strategia stagionale. Non me ne vogliano i tifosi della Viola ma riesumare Stefano Pioli dal suo letargo non è stata una gran mossa. Contro il Milan, l’ex-Coach rossonero ha dato fondo a tutte le sue conoscenze sportive e umane. La Fiorentina ha giocato praticamente in difesa per quasi tutta la gara evidenziando i limiti della rosa avversaria dal punto di vista della caratura tecnica dei singoli componenti della squadra che giocoforza è dovuta scendere in campo e del gioco di Massimiliano Allegri che predilige misurarsi con formazioni che prendono il pallino del gioco per poi punirle in contropiede. Pioli da Mister “On fire” si è trasformato per una sera in un allenatore che ha predicato la formazioni di barricate (a Milano!) snaturando il suo credo calcistico ben noto ai tifosi rossoneri (all’arrembaggio, miei prodi!). Per quasi tutta la partita c’è riuscito a mettere nel sacco il suo più titolato avversario. Alla lunga, però, non ce l’ha fatta. Questa sconfitta non è da addebitarsi ai viola ma al loro attuale Mister. La colpa non è di Parisi o di Kean o del Presidente ma del Vate di Parma. Contava sulla buona sorte è proprio quest’ultima lo ha tradito. Ho già scritto a sufficienza del calcio di rigore ma in realtà non ho ancora affrontato il vero nodo cruciale della questione. I rigoristi del Milan hanno sbagliato gli ultimi penalty calciati. Ne sa qualcosa Tudor, graziato dal dischetto nell’ultima gara di campionato. Poteva accadere anche stavolta considerato che a calciare dagli undici metri non era Christian Pulisic bensì Rafael Leão. Non c’è nulla da fare. Quando il destino s’incaponisce contro di te è dura. Alla Viola non resta che esaminare questo inizio di stagione e correggere la rotta. La difesa regge. Centrocampo e attacco no. Qualcosa va fatto al riguardo. Cambio di allenatore? Calciomercato di gennaio? Ritiro forzato? Non lo so. Tuttavia persino uno sfegatato tifoso viola come il nostro Direttore non può non ammettere che non intervenire in alcun modo nuocerebbe ai risultati e all’intero ambiente. Forse, in fin dei conti, quel maledetto rigore che per il Milan vale il primato è addirittura stato provvidenziale. Chissà che la sconfitta di San Siro non porti anche una robusta sterzata al campionato della Fiorentina e dei suoi tifosi che non meritano l’abulia di gioco e risultati al quale stanno assistendo. C’è tempo per sistemare le cose. C’è tutto il tempo necessario. Occorre solo la precisa volontà di correggere ciò che è sbagliato. La Viola è una squadra troppo bella per contendere a Genoa e Pisa il fondo della classifica.
Il Milan, in emergenza, ha superato con moltissima fatica il primo esame da leader della classifica. Per ora è andata bene ma al di là del rigore giusto o meno un discorso sugli arbitraggi va comunque fatto. Non è possibile che ogni volta che un arbitro entra in campo a San Siro o veda i rossoneri (gialli?) confrontarsi con un’altra formazione estragga cartellini dalle proprie tasche più velocemente di quanto il Bagger 293 non sposti metri cubi di terra nella miniera a cielo aperto di Hambach, in Francia, per recuperare la lignite. L’intero settore destro del Milan è stato punito dal Direttore di gara. Sono finiti nel suo taccuino Fikayo Tomori, Zachary Athekame e Youssouf Fofana. Gosens e Fagioli non hanno fatto una gara così strepitosa da risultare una serissima preoccupazione eppure l’arbitro per tutto il primo tempo ha sventolato cartellini (se il colore della maglia indossata dai calciatori milanisti è stato scelto per esorcizzare le ammonizione mi sento di suggerire che sia giunto il momento di cambiar tattica) in faccia ai ragazzi come se non ci fosse un domani. E non è la prima volta che accade. Cambiano le partite, cambiano gli avversari ma l’atteggiamento della classe arbitrale nei confronti del Milan rimane lo stesso. A parità d’intervento, quello effettuato da un rossonero è punito con l’ammonizione mentre quello degli avversari al massimo con un rimprovero. C’era qualcuno che sosteneva che “Le Leggi con i nemici si applicano e con gli amici s’interpretano” (nella Storia è stato Giovanni Giolitti a inventare questa massima, mentre nel calcio lo ha abbondantemente citato Claudio Lotito, Presidente della Lazio).
L’ultimo argomento che vale la pena di affrontare è quello delle Coppe Europee. L’alta classifica è stata terremotata dalle sconfitte della Juventus (a Como), del Napoli (a Torino) e della Roma (contro l’Inter). Il Milan, ottavo nel precedente Torneo, è balzato al primo posto e questa situazione sembrerebbe rimarcare quanto accaduto lo scorso anno e cioè la vittoria del Napoli che non giocava in nessuna competizione europea. È possibile che il nostro calcio sia così scarso da non reggere il doppio confronto? È una questione di tattica? Di tecnica? Di soldi? Forse questi ultimi contano parecchio. Il doppio confronto significa allargamento della rosa dal punto di vista quantitativo ma anche qualitativo. Per ottenere entrambe queste cose ci vogliono soldi. Ogni atleta della rosa costa. Ogni campione in rosa costa. Più atleti, più campioni, più soldi. Questa equazione non è complicata da comprendere. Quando il Milan di Berlusconi faceva man bassa di titoli internazionali aveva Van Basten in campo e Marco Simone in panchina, ad esempio. Oggi, nel Milan, se manca Adrien Rabiot c’è Samuele Ricci. Il calcio, a volte, è così semplice da capire che non gli si dà troppo peso. Sbagliando.
Buona Vita e Buon Campionato rossonero a tutti.