Metti una sera… a Cantalupa
Un evento musicale.
Un mercoledì sera.
Dedicato a Mercurio, dio degli scambi, del commercio e delle comunicazioni, il giorno della settimana scelto evoca personaggi oscuri e lugubri. Come si fa a non ricordare il personaggio de La famiglia Addams o le serie TV sotto la regia di Tim Burton... Non sarà l’unico richiamo cinematografico dell’evento.
Cantalupa.
Una cittadina del torinese ai piedi delle montagne con un clima più rigido in inverno e fresco in estate di quanto un abitante di Torino ami sopportare. La vetta più alta è chiamata Tre Denti. Tre spuntoni di roccia e terra che sembrano pollice, indice e mignolo nel più evocativo segno di complicità del Rock. Lo faceva il disegno di John Lennon sulla copertina dell’album Yellow Submarine dei Beatles anche se è diventato iconico col chitarrista dei Black Sabbath Ronnie James Dio. È il 9 luglio e non dovrebbero esserci problemi di basse temperature. Forse…
Il Rock.
Quello più animale e viscerale, che ti costringe a saltare e a urlare, che un tempo era l’antidoto antisistema, che “lottava contro il potente” (Jack Black docet) e i Secret Chords per più di due ore contro qualcosa hanno certamente dovuto lottare. Dalle temperature che non ti aspetti, ad esempio.
Un mercoledì sera.
Dedicato a Mercurio, dio degli scambi, del commercio e delle comunicazioni, il giorno della settimana scelto evoca personaggi oscuri e lugubri. Come si fa a non ricordare il personaggio de La famiglia Addams o le serie TV sotto la regia di Tim Burton... Non sarà l’unico richiamo cinematografico dell’evento.
Cantalupa.
Una cittadina del torinese ai piedi delle montagne con un clima più rigido in inverno e fresco in estate di quanto un abitante di Torino ami sopportare. La vetta più alta è chiamata Tre Denti. Tre spuntoni di roccia e terra che sembrano pollice, indice e mignolo nel più evocativo segno di complicità del Rock. Lo faceva il disegno di John Lennon sulla copertina dell’album Yellow Submarine dei Beatles anche se è diventato iconico col chitarrista dei Black Sabbath Ronnie James Dio. È il 9 luglio e non dovrebbero esserci problemi di basse temperature. Forse…
Il Rock.
Quello più animale e viscerale, che ti costringe a saltare e a urlare, che un tempo era l’antidoto antisistema, che “lottava contro il potente” (Jack Black docet) e i Secret Chords per più di due ore contro qualcosa hanno certamente dovuto lottare. Dalle temperature che non ti aspetti, ad esempio.
I Secret Chords, si è scritto… Il nome della Band evoca il ricordo di un grande della Musica che ci ha lasciato nove anni fa: Leonard Cohen. Secret chords sono le due ultime parole del primo verso del suo brano più famoso, “Hallelujah”. “Now I've heard there was a secret chord”.
La Band si presenta con Paolo D’Ignazio (batteria) e Vito Piccolillo (basso) per la sezione ritmica, Corrado Carbonari e Nicola Marchitelli alle chitarre, Valentina Currì e Christian Miglio vocalist. Il repertorio di tutto rispetto varia tra Creedence Clearwater Revival, The Beatles, AcDc, Led Zeppelin, Guns N’ Roses, Queen, Eurythmics, Bob Dylan, White Stripes, Steppenwolf, Deep Purple, The Clash, The Cult, The Doors, ZZ Top, Neil Young, Joan Jett & The Heartbreakers, Roy Orbison, Janis Joplin fino ad arrivare, the last but not least, agli Status Quo. C’è del talento tra questi ragazzi che sono ancora piccoli e devono crescere specialmente nell’ensemble, nell’affiatamento. Sono nati come gruppo in piena Pandemia. Hanno solo cinque anni di attività e li si deve considerare ancora giovani ma come ci ricorda una classica hit di Renato Rascel di troppi anni fa: “Noi siamo piccoli ma cresceremo”.
La Band si presenta con Paolo D’Ignazio (batteria) e Vito Piccolillo (basso) per la sezione ritmica, Corrado Carbonari e Nicola Marchitelli alle chitarre, Valentina Currì e Christian Miglio vocalist. Il repertorio di tutto rispetto varia tra Creedence Clearwater Revival, The Beatles, AcDc, Led Zeppelin, Guns N’ Roses, Queen, Eurythmics, Bob Dylan, White Stripes, Steppenwolf, Deep Purple, The Clash, The Cult, The Doors, ZZ Top, Neil Young, Joan Jett & The Heartbreakers, Roy Orbison, Janis Joplin fino ad arrivare, the last but not least, agli Status Quo. C’è del talento tra questi ragazzi che sono ancora piccoli e devono crescere specialmente nell’ensemble, nell’affiatamento. Sono nati come gruppo in piena Pandemia. Hanno solo cinque anni di attività e li si deve considerare ancora giovani ma come ci ricorda una classica hit di Renato Rascel di troppi anni fa: “Noi siamo piccoli ma cresceremo”.
Il batterista Paolo D’Ignazio è talmente piccolo e giovane che si presenta con un neonato in braccio, nella sua postazione, pochi minuti prima del concerto. Piccolillo si mostra per le foto di rito con una bandana nera da pirata ma più che il Johnny Depp dei Caraibi che abbiamo apprezzato su celluloide ci ricorda un mostro sacro del Rock, quel Little Steven che insieme alla E Street Band è il segreto con cui The Boss (Bruce Springsteeen) miete successi in ogni dove. Corrado Carbonari per tutta la durata del concerto aveva le ginocchia così piegate verso il basso da sembrare seduto anche se era sempre così “maledettamente” in piedi. Un capitolo a parte merita Nicola Marchitelli. Oltre che dimostrare per tutto il concerto di essere un ottimo musicista ha evocato il ricordo di un film, anzi una serie, e un personaggio che in tanti abbiamo amato a partire dalla seconda metà degli anni ‘80. Mi riferisco a Michael J. Fox e Ritorno al futuro. Ogni volta che il mio sguardo cascava sul modo di suonare gli assoli ma soprattutto sul suo “stare sul palco” mi sembrava di rivivere le scene di Marty McFly con la chitarra davanti all’amplificatore o durante il concerto per il ballo di fine anno con quella divertente versione rocchettara e fuori dal “tempo” di Johnny B. Goode (la quale, suggerisco, potrebbe diventare un brano da inserire nella scaletta della Band). Valentina Currì è stata brava anche se mi pare più portata per mostri sacri del Blues come Aretha Franklin (di certo non l’ultima arrivata) che non Janis Joplin. Il suo timbro vocale è più melodico che graffiante e secondo me andrebbe sfruttato per sonorità più tipicamente Rock Blues come quelle dei Four non Blondes, ad esempio, o Alanis Morissette. La mia, naturalmente, è solo una opinione ma mi stuzzica poterla immaginare sul palco mentre passa dagli acuti ai bassi (e ritorno) in una canzone (What’s up?) di Linda Perry. Christian Miglio ha una voce molto targata Brian Johnson. Ha mostrato per tutta la serata di trovarsi perfettamente a suo agio con gente del calibro di Axl Rose o Ian Gillan che non con il più facile (si fa per dire) John Fogerty. Dei Creedence sono stati i brani di apertura e la sua voce è andata in crescendo per tutta la durata del concerto.
Da applausi, alzandosi in piedi, sono state le versioni tribute che la Band ha offerto al pubblico di Come together dei Beatles e Whatever you want dei “Quo” ma anche Sweet child o’ mine dei Guns o I love Rock’n roll di Joan non erano niente male. Le medley sono state così tante che persino una AI avrebbe finito col perdere il conto. Nel complesso il concerto è stato favoloso per ritmo, impatto e qualità dei brani di repertorio sciorinati con abbondanza. Peccato che il pubblico di Cantalupa, forse tradito da un fresco eccessivamente fuori stagione, abbia un po’ mancato alle aspettative della vigilia e si sia persa la possibilità di tributare alla “tribute Band” quel calore che sono certo i musicisti meritano ampiamente.
A fine concerto ho fatto appena in tempo a scambiare quattro parole con Nicola Marchitelli (al quale imputo il torto di non aver imposto in cartellone il brano Thunderstruck degli AcDc. Maledette regole SIAE) prima di veder sparire l’intera Band con una DeLorean DMC-12.
Così… in un lampo.
Pier-Giorgio TOMATIS
A fine concerto ho fatto appena in tempo a scambiare quattro parole con Nicola Marchitelli (al quale imputo il torto di non aver imposto in cartellone il brano Thunderstruck degli AcDc. Maledette regole SIAE) prima di veder sparire l’intera Band con una DeLorean DMC-12.
Così… in un lampo.
Pier-Giorgio TOMATIS