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4 Maggio, il giorno del Toro. Terza parte.

Pubblichiamo le riflessioni dei lettori, degli scrittori, dei tifosi che arrivano in redazione, sul tema del 4 Maggio, giorno della tremenda tragedia di Superga, quando l'aereo del Grande Torino si schiantò sulla collina.

La terza pagina di questa nostra chiamata alle armi dei tifosi granata inizia con un toccante racconto della giornalista torinese Paola Alessandra Taraglio. Prosegue con le emozioni del super tifoso Giorgio Valentino e una poesia accorata dell'artista Domenico Marino. Segue la descrizione di una emozionante sfida che ci arriva dallo scrittore bolognese Stefano Nadalini co-autore di "Quando il 5 era lo stopper" edito da Daniela Piazza (Torino). Buona lettura e alla prossima...
​

Il Grande Torino 
Raccontato da mio Padre di
Paola Alessandra Taraglio
 

Ricordo che a parlarmi del Grande Torino, quando ero ancora piccina, fu mio padre Giovanni che, un freddo giorno di maggio disse a mia madre che la giornata era talmente brutta da ricordargli quella in cui era avvenuta la grande tragedia.
Non sapendo a cosa si riferisse e gli domandai, come fanno tutti i bambini: “Perché? Cosa è successo?”. Lui mi rispose che, in un giorno identico a quello, erano morti i giocatori migliori del mondo che tenevano in alto il nome del nostro Paese e della nostra città.
Il discorso finì lì ma, una domenica, facemmo una gita a Superga e papà ci portò a vedere la lapide situata nel punto esatto in cui si schiantò l’aereo che trasportava i mitici giocatori del Torino, ed altri addetti della squadra, al ritorno da una partita a Lisbona a causa della nebbia che avvolgeva il colle. Fu in quell’occasione che mi raccontò che quella squadra lui la ricordava bene e che erano persone di cuore e che giocavano alla palla come se fossero stati giocolieri. Erano combattivi, caparbi ma non cattivi nel gioco e non si davano mai per vinti combattendo sempre con lealtà la loro partita ed erano corretti con gli avversari
Il tifo per il Torino aveva unito tanta gente che, nelle vittorie dei giocatori che amava, trovava il riscatto di un Paese che era appena uscito da una guerra terribile e lo stimolo per fare altrettanto nella vita quotidiana-
Erano quindi un esempio di coraggio e determinazione per tutti quelli che credevano nel loro personale riscatto nella vita e per questo erano molto amati ma senza il fanatismo di oggi.
Credo che l’affetto per quella mitica squadra sia stato trasmesso, di generazione in generazione, non solo per le qualità calcistiche dei suoi giocatori ma anche per i valori che essa rappresentava proprio attraverso gli uomini che la componevano.
L’affetto, il ricordo oltre al triste rimpianto per la perdita di un vero sogno calcistico, continua ad essere vivo perché grazie ai valori di sportività e non solo che quel Torino ha sempre portato in campo, i suoi giocatori sono entrati nei cuori dei tifosi, giovani e meno giovani, con una forte intensità.
Quest’anno il 4 maggio della memoria, sarà il caso o chissà, cade in una data importante per tutti noi in generale ed allora, oltre a ricordare il Grande Torino, potremmo anche fare nostra la determinazione di quella squadra che non si arrese mai e riuscì sempre ad essere solidale e coesa di fronte a squadre che parevano invincibili, battendole.
Ricordarne l’esempio, proprio ora, ce la fa sentire più vicina che mai.
 
Paola Alessandra Taraglio



Il 4 Maggio
di Giorgio Valentino

 
Tra pochi giorni sarà il 4 Maggio e la prima cosa che mi viene in mente commemorando questo giorno è il mio papà, che mi ha insegnato ad amare i colori granata e i valori di questa squadra diventata poi leggenda. Senza averla mai vista giocare (tranne alcuni spezzoni su DVD e videocassette varie) era come se lo avessi fatto, sentendo i racconti di mio papà. Lui aveva avuto l'onore di vederla giocare dal vivo al FILA, e io passavo le ore ad ascoltare i suoi racconti immaginandomi le loro grandi imprese. Poi col passare del tempo, mi ha fatto conoscere il FILA, sono andato sulla mitica tribuna, ho visto la scaletta che portava gli Invincibili dagli spogliatoi al campo. Adesso, da anni, il mio papà è volato in cielo e sarà sicuramente con gli Invincibili a ricordare tante loro vittorie. Ora, tutte le volte che posso vado a Superga e il 4 maggio vado sempre, anzi andiamo sempre, perché mio papà è sempre con me, a rendere omaggio ai Ragazzi, agli Invincibili che rimarranno sempre nel nostro cuore. Loro sono il nostro esempio. Con i loro valori, la loro forza, ci hanno insegnato cosa vuole dire amare la maglia Granata e noi dobbiamo portare avanti questo amore. Quindi, GRANDE TORINO PER SEMPRE, con l'orgoglio che tifare TORO, è la più bella cosa del Mondo.

Giorgio Valentino


​

Il 4 Maggio
di Domenico Marino
 
SUPER ...Squadra;
SUPER ...Uomini;
SUPER ...Allenatore;
SUPER ...Presidente;
SUPER... Equipaggio;
SUPER…GA che rinasce ogni 4 Maggio per tutti i nostri giorni Granata;
SUPERGA che dal 1949 è il luogo della nostra anima Granata;
SUPERGA che custodisce il Mito degli Invincibili affianco alla nostra incrollabile Fede.
SUPERGA che...”in un giorno di pioggia“ ti cantiamo!
 FV♥G


Domenico Marino 



Il 4 Maggio
​di Stefano Nadalini



Venerdì tredici dicembre 2019, ho condiviso, assieme a Marco Piano e Darwin Pastorin, l’immensa soddisfazione di presentare il nostro libro, intitolato “Quando il cinque era lo stopper”, in una gremita sala del prestigioso Circolo dei lettori a Torino.
Tale evento ha rappresentato anche l’occasione per riabbracciare vecchi amici. In particolare, ho incrociato lo sguardo felice e commosso di Davide dicendogli: “Ma lo sai che, dall'ultima volta che ci siamo visti, sono passati ben ventisette anni?” e lui: “Certo che lo so, chi se la dimentica più quella sera?”
Era mercoledì quindici aprile 1992, presi il treno da Bologna per prendere un treno metaforico che, me lo sentivo, non sarebbe passato mai più: la semifinale di ritorno di Coppa UEFA tra il Torino e il Real Madrid.
Dalla stazione di Porta Nuova, Davide mi condusse allo stadio Delle Alpi, di cui avevo già notato tutti i difetti in passato, tranne uno, che mi apparve solo in quel momento: quella sera l’impianto mi sembrava addirittura piccolo, traboccante di decine di migliaia di cuori granata presenti all'appuntamento con la storia.
Davide non aveva trovato i biglietti per la curva Maratona, ci accomodammo dunque nella Scirea, vivendo la soddisfazione di aver occupato il posto abituale dei cugini, costretti davanti alla televisione dopo la sbornia da calcio-champagne dell’annata precedente.
Le formazioni, annunciate come si usava allora, senza gli attuali speaker modello vocalist da discoteca. Undici cognomi, undici olé. Marchegiani, Bruno, Mussi, Fusi, Annoni, Cravero, Scifo, Lentini, Casagrande, Martin Vazquez, Venturin.
In mezzo al fragore che accompagnava l’ingresso in campo delle squadre, in curva Maratona spuntò uno striscione che, sono sicuro, non dimenticherò mai: “FORZA RAGAZZI SUPERGA VI GUARDA”. In quel momento, mi è sembrò che la pista di atletica scomparisse e ci trovassimo catapultati a ridosso del terreno di gioco; il moderno Delle Alpi si era trasformato nell'antico Filadelfia, però con sessantamila persone dentro. Fu quasi un paradosso vedere il Real Madrid, che proprio nella bolgia trovava il suo principale punto di forza al Santiago Bernabéu, capire di non avere scampo, esattamente come le avversarie che si presentavano al Filadelfia nell'immediato dopoguerra. Quelle maglie bianche parevano lenzuola, classico accompagnamento dei fantasmi.
A suonare la carica non fu un capitano che si rimboccava le maniche, ma un ragazzo della mia stessa età proveniente dalla provincia torinese. Un suo cross mise in luce l'imbambolamento generale delle merengues, con il brasiliano Ricardo Rocha, futuro campione del mondo, in versione goleador nella porta sbagliata, ovvero la propria.
Gli spagnoli compresero impotenti che il copione previsto era assai diverso da quello recitato nelle loro arene, qui toccava al Toro dare il colpo di grazia. Le nostre grida spinsero ancora Gigi Lentini in una cavalcata impetuosa verso la curva Maratona, conclusa servendo a Luca Fusi il pallone che valse per i granata la prima finale continentale della loro storia
Il successivo quattro maggio non fu dunque come tutti gli altri. Sul colle di Superga salì una squadra che era riuscita a compiere un’impresa non riuscita agli Invincibili, ma solo perché negli anni quaranta ancora non esistevano le coppe europee.
Il destino avverso, abituale compagno di viaggio della compagine torinese, non tardò a rifarsi vivo. Stavolta il Toro non sbattè contro una collina, ma contro i legni delle porte dello stadio di Amsterdam. L’Ajax sollevò il trofeo, Emiliano Mondonico soltanto una sedia contro la cattiva sorte.
Non erano fenomeni, ma uomini, ultimi degni eredi della Leggenda. Alcune sciagurate gestioni societarie e l'avvento del calcio “telecomandato” hanno fatto sì che i sogni siano riservati, in modo pressoché esclusivo, a chi può contare su un robusto bacino di utenza.
Chiedo scusa se, in queste mie righe, non ho omaggiato prevalentemente il Grande Torino, ma non mi sento all'altezza, sono solo un bolognese innamorato di un calcio che non esiste più.
Non aggiungerei assolutamente nulla a quanto, penne ben più degne della mia, hanno narrato di   quello squadrone e di cosa ha rappresentato per un Paese in macerie desideroso di rialzarsi.
Ho scelto di raccontare quell'indimenticabile sera di primavera perché, dopo averne tanto sentito parlare, ho avvertito chiaramente la presenza degli Invincibili sopra di noi a benedire la nostra passione.
 
Stefano Nadalini
                                                                                         
Picture
4 Maggio: il giorno del Grande Torino

Il 4 maggio è alle porte.
Per molti questa data non significa nulla, alcuni, specie i più giovani, pensano sia la vigilia del famoso 5 maggio di manzoniana e napoleonica memoria. In realtà per Torino il 4 maggio del 1949 è stato uno dei giorni più tragici e dolorosi. Quel giorno, alle 17.05, di ritorno da una partita amichevole a Lisbona, l’aereo che trasportava i giocatori ed i dirigenti della squadra del Grande Torino, si schiantava sulla collina di Superga, dietro alla Basilica. Nel disastro morirono 31 persone e soprattutto terminò il cammino della squadra in quegli anni più forte del mondo. Per la città tutta, e non solo per i tifosi, fu un dolore lacerante. In quel giorno di pioggia e di nebbia furono cancellate in un attimo tante speranze sportive e sociali legate alle imprese di quella squadra, quella degli Invincibili del Grande Torino di Ferruccio Novo e guidata da Valentino Mazzola, che tanto aveva contribuito alla rinascita dell’orgoglio italiano nel mondo. Per onorare quei ragazzi, entrati nel Mito, ogni tifoso granata, cerca di vivere al meglio quel giorno.
Quest’anno, nulla è sicuro in questa situazione irreale, probabilmente non si potrà andare alla consueta messa nella Basilica di Superga in memoria delle vittime, non si potranno ascoltare i nomi dei giocatori letti dal capitano e una salterà quindi una tappa tradizionale di riflessione, preghiera, emozione e ricordo.
Ma il cuore dei tifosi non può rimanere silenzioso.
Per questo la Gazzetta di Hogwords propone ai lettori, agli scrittori, ai poeti, ai tifosi, granata e no, di partecipare ad una iniziativa particolare che nasce proprio dalla necessità di non dimenticare, di non lasciare disperdere nel tempo il ricordo di quella squadra, dei suoi giovani e famosissimi campioni e della tragedia che li ha portati via, a giocare su altri campi in cielo.
Chi vuole può mandare uno scritto, una poesia, un ricordo, un’esortazione o una preghiera per parlare ai lettori, raccontare ai giovani e a chi non riesce o non vuole capire, gli Invincibili e la tremenda tragedia di Superga.
Non mandatemi romanzi, basta una paginetta, basta un pensiero, naturalmente non offensivo. Verranno pubblicati, al più presto, in una rubrica dedicata dal giornale al 4 maggio ed al Grande Torino, che dovrebbe partire entro il 30 aprile.
Non esistono premi, o classifiche di merito, esiste solo la voglia di far ritrovare, per un attimo e nel nome degli Invincibili, unita una grande famiglia, quella del cuore Toro e dei tifosi granata. Una grande famiglia che non ha nessuna intenzione di dimenticare ma vuole vivere, sempre, la speranza di un futuro migliore.

Claudio Calzoni



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