In ricordo di un Amico: Bruno BernardiOggi, purtroppo, ho perso un amico.
Il grande giornalista sportivo Bruno Bernardi ci ha lasciato, in silenzio, a 79 anni. Chi ha avuto la fortuna di seguire il calcio in tempi non ancora dominati dalle leggi dello spettacolo puro, chi è stato davanti ai televisori molti lunedì sera a seguire il Processo di Biscardi lo conosceva bene. Era la voce della parte juventina di Torino. Dietro l'immagine di personaggio gradevole, dalla voce roca, distrutta dalle sigarette, e dal comportamento a volte burbero e spesso signorile c'era un professionista eccelso. Si continua a sostenere, soprattutto nel giornalismo, che gli inviati, i cronisti di un tempo erano più preparati, più professionali, più bravi di quelli di oggi. Forse è vero. Certo si viveva tutti in un altro modo e i giornali erano veramente la voce del popolo, come la televisione di Mamma Rai ed avevano un peso sociale molto più importante. Non tutti arrivavano a scrivere sui giornali, non tutti a presentarsi di fronte alle telecamere. Era necessario essere preparati, essere pronti alla battaglia, essere forti per mantenere la tensione. Loro, questi mitici giornalisti di un tempo ormai passato, erano preparati alla guerra, decisi a raccontare il visibile e l'invisibile, ad entrare nelle notizie e conoscere perfettamente le persone che andavano a raccontare. Solo nell'ambito dei giornalisti sportivi, persone come Giovanni Arpino, Piero Dardanello, Gianni Mura, Gianni Minà, Giorgio Tosatti, Gian Paolo Ormezzano, Adriano De Zan, Marino Bartoletti e tantissimi altri ancora viventi o già dipartiti, hanno fatto veramente la storia. Per farla sono entrati dentro quello che raccontavano, usando le parole giuste, rendendo mitiche le imprese dei campioni. Spedizioni interminabili a seguire Giri d'Italia e di Francia, sotto la neve, sotto il sole cocente. Quelli che raccontavano il calcio, certo sempre in Tribuna Stampa, ma a stretto contatto con presidenti, arbitri, giocatori. Bruno Bernardi era uno dei più bravi di quella generazione ed ho avuto la fortuna di conoscerlo bene. Era diventato cliente del mio negozio, ed era un onore poterlo servire. Un gobbo, si definiva un gobbo, uno juventino anomalo, mi diceva, quasi a scusarsi sapendomi granata. Aveva giocato a pallone, ha continuato a farlo anche durante la militanza giornalistica. Si divertiva con le vecchie glorie del calcio, si divertiva con gli amici di sempre. Spesso sono andato a casa sua. La mamma anziana, come mia nonna centenaria, mi adorava. Ogni volta era un piacere mettere a posto i canali del televisore, insegnargli ad usare la lavatrice. Bruno, entusiasta, mi faceva vedere i suoi ricordi, cimeli meravigliosi di trasferte eccezionali. I suoi articoli su "La Stampa", i suoi reportage dalle partite mitiche. I mondiali del 74, quelli del 78 in Argentina, dell'82 in Spagna e tutti gli altri incontri. Le foto con i giocatori, con i veri protagonisti delle sue cronache e dei suoi articoli di fondo. Uno dei suoi ricordi più importanti, forse quello che riempiva maggiormente il suo cuore di sportivo e di uomo era legato al più grande giocatore di calcio della nostra epoca, Diego Armando Maradona. Il giorno del suo matrimonio, il campione argentino, volle Bruno Bernardi a Buenos Aires, per far festa con lui. Mi faceva vedere le foto, sorrideva abbracciato a Diego. E sorrideva del suo ricovero negli Stati Uniti, quando, mentre Baggio sbagliava il rigore nella finale, lui era sotto i ferri in ospedale. Ecco il mio ricordo di Bruno Bernardi. Ho un profondo rammarico, non averlo potuto incontrare negli ultimi mesi, non avergli potuto regalare (sì regalare) una copia del mio "I luoghi del Toro", a lui, juventino sfegatato che ha sempre rispettato e onorato i colori granata. Ridevamo di questo io, il negoziante che si trasformava in tecnico paziente, e lui, il grande giornalista, che con me si comportava da uomo semplice e cordiale. Ciao Bruno, un abbraccio sincero. Claudio Calzoni Torino 19 maggio 2020 |