Intervista al Dottor Attilio AndrioloIncontro il Dottor Attilio Andriolo in un bar lungo la riviera di levante nel rione Vaccarella a Milazzo. Il vento di fine ottobre soffia sul mare ed agita le onde. La vita è strana e meravigliosa e propone, a chi riesce ad ascoltare le vibrazioni del cuore, incontri sempre speciali. Oggi vorrei far conoscere ai lettori della Gazzetta di Hogwords una persona veramente particolare. Per anni il Dottor Attilio è stato in ospedale ad operare come chirurgo, per poi continuare la sua carriera nel ruolo di medico di base, qui a Milazzo. Una vita di lavoro e di emozioni forti, una vita d’incontri e di relazioni sociali e psicologiche, che ha cementato nell’animo del dottore la voglia, che presto è diventata una necessità, di cimentarsi con la poesia, con la stesura di versi e di racconti e con l’impegno nel mondo della letteratura. Ne parliamo intensamente davanti ad una granita alla messinese, che sinceramente non avevo mai assaggiato. La ricetta, a base di ghiaccio, unisce con maestria il sapore del caffè e della panna rendendo il tutto meravigliosamente gradevole. A questo aggiungiamo una brioche col tuppo (la parte rilevata della brioche) di dimensioni gigantesche, un vero attentato alla linea ma un piacere assoluto per il palato. Sazi e sorridenti, lo sguardo perso sulle onde, iniziamo la nostra amabile chiacchierata.
Conosciamoci meglio, chi è Attilio Andriolo? Ci disegni il suo autoritratto. Sono un medico-chirurgo, che ha operato tantissimi pazienti nella sua carriera più che trentennale, fino a che un giorno non si è accorto di ignorare persino il nome della persona che si accingeva ad operare. Tolto quindi il camice verde, ha cominciato ad ascoltare la voce della sua anima, che lo ha portato ad affinare la sensibilità verso ciò che ci circonda, verso la bellezza della natura, verso i ricordi, rovistando fra gli scaffali della memoria, per tradurre queste sensazioni in versi e righe di racconti o fiabe. Quale è attualmente, la definizione di sé stesso, che preferisce? Un medico ed un poeta, senza distinzione di ruoli: si può essere bravi medici e altrettanto superbi poeti, se si ama la gente ed i buoni sentimenti. Come è nata la sua passione per la scrittura e la poesia? E’ nata da sola. Una volta abbandonato il bisturi, ho sentito da dentro un bisogno, quasi naturale, di scrivere, soprattutto ispirato dalla storia personale e dagli amori che l’hanno attraversata, lasciando solchi profondi nell’animo. Ci parli del rapporto tra la sua storia professionale e la letteratura. Dove finisce il medico ed inizia il poeta? La mia professione di medico e chirurgo mi ha spesso portato ad essere testimone di grandi dolori e sofferenze, che mi hanno forgiato la capacità di trasmettere con la poesia emozioni e passioni, anche negative ma non solo, aprendo un punto di osservazione privilegiato sulle vicende umane. Entriamo nel personale. Quando ha pubblicato il suo primo libro e quali sono state le sue emozioni a tenerlo fra le mani? Il mio primo libro è in pubblicazione ed è una silloge che prende il titolo di una delle mie poesie più amate: “Momenti dell’anima”. Aver completato l’opera è stato molto emozionante, una sorpresa anche per me stesso, che mai e poi mai avrei pensato, durante le lunghe ore trascorse in sala operatoria, di poter scrivere e pubblicare, un giorno, una silloge poetica. Ha pubblicato altri libri e con quali editori? Ho in cantiere un altro libro, ma questa volta si tratterà di un racconto un po’ autobiografico ed un po’ frutto di mie fantasie. Purtroppo, la pandemia non autorizza previsioni su quando potrà uscire. I suoi cari, che già condividono i suoi impegni e la sua attività come medico, come si sentono ad avere un poeta, una celebrità in casa? La mia famiglia, formata da un fratello, una sorella e numerosi nipoti, condivide con gioia i miei successi artistici, anzi mi spinge a proseguire il mio impegno. In effetti sono abituati visto che anche mio fratello opera nell’arte, è un bravissimo attore e recita in una compagnia di teatro che si chiama “Tabula Rasa”, molto famosa ormai in tutta la Sicilia e non solo. Quali sono, se può dirlo, i suoi rapporti con le case editrici con cui collabora? Posso confessare che sono stato fortunato ad incontrare la casa editrice “Armenio” di Patti e la casa editrice “Lombardo” di Milazzo, con le quali collaboro e scambio consigli utili. Si sente di dare qualche consiglio ai lettori ed ai giovani, che vorrebbero intraprendere una carriera sotto il giuramento di Ippocrate? Vorrei dire ai giovani che fare il medico è una fortuna da conquistare ogni giorno; è il più bel lavoro che un uomo possa scegliere di fare. E’ bene che non lo dimentichiate mai, cari giovani, per questo restate fedeli al giuramento di Ippocrate, l’unica legge, a cui dobbiamo rendere conto. Ci parli del futuro. Sta scrivendo, pensando o organizzando cose nuove? Sono presidente dell’Associazione culturale “Teseo”, che organizza eventi anche di un certo spessore e risonanza nazionale. Soprattutto organizza un Concorso di Letteratura Internazionale ogni anno, che prende il nome dall’associazione stessa “Teseo” e che il prossimo anno arriverà alla terza edizione. Covid piacendo naturalmente! Per finire ci racconti di questo periodo tremendo del virus. Ha avuto esperienze particolari nel suo lavoro, paure, tristezze o gioie inaspettate da raccontare? Cosa rimarrà nel suo cuore dei lunghi giorni passati in quarantena o sul lavoro, cercando di salvare ancora vite? Con quali speranze e desideri l’uomo Attilio si appresta al ritorno della vita normale? L’esperienza della pandemia mi obbliga a stare in casa e quindi ad avere più tempo per riflettere sulle vicende umane. E’ così che avverto sulla mia pelle le tante sofferenze di chi si trova in una condizione di povertà, impensabile fino a qualche mese fa, ma mi sovvengono tanti altri pensieri, spesso legati ai ricordi che ancora attanagliano la mia anima ed è naturale affidare alla poesia le emozioni e i sentimenti della giornata. Durante la pandemia di marzo-aprile, quando non si sapeva molto del virus e le bare venivano trasportate con i carri militari, non ho mai pensato di tirarmi indietro nella mia professione. Se gli altri colleghi, spesso, non uscivano di casa per paura di andare al domicilio del paziente, io ero sempre pronto anche a rischiare e mi onoro di non aver mai lasciato un malato da solo a casa. Ricordo a questo proposito che un giorno mi chiamarono per visitare un marinaio, credo filippino, che era confinato su una petroliera alla fonda del porto di Milazzo. Da circa un mese chiedevano un medico senza risposta e il povero marinaio era sottoposto ad antibiotici per una presunta infezione ad una mano. Ci andai e visitai il ragazzo, che si era procurato in realtà un paio di fratture alle ossa della mano, per cui aveva bisogno di ben altro degli antibiotici. Naturalmente i miei familiari non seppero mai nulla di questa mia visita sulla nave perché si sarebbero preoccupati delle conseguenze per me di un eventuale contagio. Questo è il mio modo d’intendere la professione di medico; lo stesso modo, che mi spinse la notte del terremoto della Valnerina nel 1979 a Norcia, nel cui ospedale iniziai a lavorare, a correre fra le macerie ad evacuare l’ospedale dai malati rimasti soli, perché il personale era scomparso, portandomeli sulle spalle fuori dall’ospedale e salvandoli così dai crolli, che coinvolsero successivamente la struttura ospedaliera. Il nosocomio così fu abbandonato. I militari costruirono un improvvisato Ospedale da Campo e lavorai, giorno e notte, per quasi un anno sotto una tenda, con tutte le difficoltà che potete immaginare. Auguro infine a tutte le donne e a tutti gli uomini che, dopo la pandemia, possano ancora emozionarsi davanti ad un tramonto, davanti agli occhi di un bambino e a quelli di chi un figlio non lo stringerà più. Agli uomini del domani, a quelli di oggi, a me stesso, auguro di poter prendere per mano il resto dell’umanità, sicuri di poter cambiare il mondo, perché ognuno di noi rappresenta un tassello insostituibile nel palcoscenico dell’esistenza. Il vento è diventato più fresco. Sono certo di aver fatto conoscere alle nostre lettrici ed ai lettori una persona vera e speciale, un esempio da seguire per chi voglia intraprendere la professione medica e da chi si sente talmente sensibile e portato alla scrittura fino a potersi chiamare poeta. Saluto il dottor Attilio Andriolo, ringraziandolo per la pazienza e la cortesia, soprattutto per la grande sincerità che ci ha riservato. Grazie di cuore Dottore da parte mia per il piacevole incontro. Sicuramente la ringrazia col cuore la grande famiglia di tutti i suoi pazienti e, ne sono certo, la ringrazieranno i tanti e nuovi ammiratori della sua poesia e dei suoi scritti. Claudio Calzoni |