ALFONSO VARANO, il poeta delle "Visioni Sacre e Morali"
I classici italiani dimenticati
Ritratto primo
ALFONSO VARANO, il poeta delle "Visioni Sacre e Morali"
Alfonso Varano, appartenente alla nobile famiglia dei duchi di Camerino, nacque a Ferrara nel 1705 e ivi morì nel 1788.
Fu un aristocratico che visse isolato, immerso tra i libri della sua monumentale biblioteca e separato dal resto del mondo dai vasti spazi delle sue tenute rurali. Uomo religiosissimo e assai colto, fu un letterato sapiente, profondo conoscitore dei classici greci e latini e appassionato studioso della Bibbia e delle opere teologiche dei Padri della Chiesa.
La sua vita fu scarsa di eventi e di viaggi, in quanto visse quasi sempre nella città natale.
In giovinezza aderì alla prestigiosa Accademia dell'Arcadia e, in quel periodo, compose molte liriche amorose e pastorali di imitazione petrarchesca. Negli anni della maturità fu membro dell'Accademia della Crusca e si dedicò a studi biblici e patristici, indirizzando la propria attività letteraria verso le complesse problematiche della Fede cristiana.
Compose parecchie liriche di argomento sacro e alcune tragedie intrise di religiosità edificante: "Giovanni di Giscala" (difensore del Tempio di Gerusalemme durante l'assedio posto in atto dalle truppe romane di Tito), "Agnese, martire del Giappone", "Saeba, regina di Ginge e di Taniorre", "Demetrio". In tali opere drammatiche viene esaltata la figura di chi è disposto ad affrontare il martirio per la Fede e a morire con il nome di Dio sulle labbra.
Entrato in polemica con il celebre Voltaire (il quale reputava gli argomenti della religione cristiana non adatti per la poesia tragica e drammatica), Varano volle dimostrare che la poesia cristiana non era affatto inferiore a quella pagana di argomento epico e mitologico. Così, ideò le "Visioni Sacre e Morali", l'opera (pubblicata nel 1766) che ancora oggi rende noto il suo nome in tutte le storie della letteratura italiana.
Si tratta di dodici cantiche in terzine di endecasillabi (modellate sull'illustre esempio dantesco), nelle quali il poeta di Camerino (in piena polemica con la concentrazione ottimistica dell'esistenza, propria del razionalismo illuminista) canta catastrofi e sciagure tremende, epidemie, disastri, guerre, devastazioni, lutti, rimettendo il destino dell'Uomo nelle sole mani di Dio, l'unico e supremo Giudice di tutte le vicende umane.
"Per la peste messinese", "Della vanità della bellezza terrena", "Per il trionfo della Provvidenza Divina sopra l'Angelo della Morte", "Pel terremoto di Lisbona", sono solo alcuni tra i titoli più significanti che compongono le "Visioni", ovvero, cantiche in cui il Poeta ama indugiare sugli aspetti più lugubri e raccapriccianti della morte e della sofferenza umana, rivelando una concezione assai barocca della poesia.
Proprio per tali aspetti, il Varano è stato spesso citato tra gli autori facenti parte di quella cosiddetta "Arcadia Lugubre" che, ispirata dalla poesia cimiteriale inglese, si dedicava a trattare liricamente tematiche funebri, macabre, spettrali.
Il Varano, però, più che un preromantico fu un tardo poeta barocco, assai più affine a certi poeti del XVII secolo che non a quelli di fine Settecento.
Con le sue tetre "Visioni sacre e morali" (in cui è esplicita la totale condanna della cultura filosofica e delle riforme sociali e politiche proprie dell'epoca dei Lumi), il Varano riscosse plauso e successo in tutti gli ambienti italiani più conservatori e reazionari (non a caso piacquero moltissimo a letterati decisamente anti-illuministi, quali Carlo Gozzi, Vittorio Alfieri, Monaldo Leopardi). Lo stesso Giacomo Leopardi le lesse e le postillò con grande attenzione, inserendone ampi brani nella "Crestomazia della Poesia italiana" da lui curata per l'editore Stella e pubblicata nel 1827.
Oggi, purtroppo, la poesia tragica e visionaria di Alfonso Varano è caduta nell'oblio. Occorre riscoprirla, perché è quella di un grande poeta del Settecento. Le "Visione Sacre e Morali", per fortuna, sono state recentemente ripubblicate dalla casa editrice Guanda, nella collana "Biblioteca di Scrittori Italiani", e dalle Edizioni dell'Orso. Non mi resta che invitarvi a leggerle, non fosse altro che per rivalutare un nostro "poeta dimenticato" che ben merita di essere riesumato dall'oblìo dei secoli.
Postremo Vate (scrittore, poeta, pubblicista, presidente del Circolo Artistico e Letterario Hogwords)
https://www.amazon.it/s?k=postremo+vate&crid=3UM7PFC0RDCM4&sprefix=postremo+vate%2Caps%2C293&ref=nb_sb_noss_1
Ritratto primo
ALFONSO VARANO, il poeta delle "Visioni Sacre e Morali"
Alfonso Varano, appartenente alla nobile famiglia dei duchi di Camerino, nacque a Ferrara nel 1705 e ivi morì nel 1788.
Fu un aristocratico che visse isolato, immerso tra i libri della sua monumentale biblioteca e separato dal resto del mondo dai vasti spazi delle sue tenute rurali. Uomo religiosissimo e assai colto, fu un letterato sapiente, profondo conoscitore dei classici greci e latini e appassionato studioso della Bibbia e delle opere teologiche dei Padri della Chiesa.
La sua vita fu scarsa di eventi e di viaggi, in quanto visse quasi sempre nella città natale.
In giovinezza aderì alla prestigiosa Accademia dell'Arcadia e, in quel periodo, compose molte liriche amorose e pastorali di imitazione petrarchesca. Negli anni della maturità fu membro dell'Accademia della Crusca e si dedicò a studi biblici e patristici, indirizzando la propria attività letteraria verso le complesse problematiche della Fede cristiana.
Compose parecchie liriche di argomento sacro e alcune tragedie intrise di religiosità edificante: "Giovanni di Giscala" (difensore del Tempio di Gerusalemme durante l'assedio posto in atto dalle truppe romane di Tito), "Agnese, martire del Giappone", "Saeba, regina di Ginge e di Taniorre", "Demetrio". In tali opere drammatiche viene esaltata la figura di chi è disposto ad affrontare il martirio per la Fede e a morire con il nome di Dio sulle labbra.
Entrato in polemica con il celebre Voltaire (il quale reputava gli argomenti della religione cristiana non adatti per la poesia tragica e drammatica), Varano volle dimostrare che la poesia cristiana non era affatto inferiore a quella pagana di argomento epico e mitologico. Così, ideò le "Visioni Sacre e Morali", l'opera (pubblicata nel 1766) che ancora oggi rende noto il suo nome in tutte le storie della letteratura italiana.
Si tratta di dodici cantiche in terzine di endecasillabi (modellate sull'illustre esempio dantesco), nelle quali il poeta di Camerino (in piena polemica con la concentrazione ottimistica dell'esistenza, propria del razionalismo illuminista) canta catastrofi e sciagure tremende, epidemie, disastri, guerre, devastazioni, lutti, rimettendo il destino dell'Uomo nelle sole mani di Dio, l'unico e supremo Giudice di tutte le vicende umane.
"Per la peste messinese", "Della vanità della bellezza terrena", "Per il trionfo della Provvidenza Divina sopra l'Angelo della Morte", "Pel terremoto di Lisbona", sono solo alcuni tra i titoli più significanti che compongono le "Visioni", ovvero, cantiche in cui il Poeta ama indugiare sugli aspetti più lugubri e raccapriccianti della morte e della sofferenza umana, rivelando una concezione assai barocca della poesia.
Proprio per tali aspetti, il Varano è stato spesso citato tra gli autori facenti parte di quella cosiddetta "Arcadia Lugubre" che, ispirata dalla poesia cimiteriale inglese, si dedicava a trattare liricamente tematiche funebri, macabre, spettrali.
Il Varano, però, più che un preromantico fu un tardo poeta barocco, assai più affine a certi poeti del XVII secolo che non a quelli di fine Settecento.
Con le sue tetre "Visioni sacre e morali" (in cui è esplicita la totale condanna della cultura filosofica e delle riforme sociali e politiche proprie dell'epoca dei Lumi), il Varano riscosse plauso e successo in tutti gli ambienti italiani più conservatori e reazionari (non a caso piacquero moltissimo a letterati decisamente anti-illuministi, quali Carlo Gozzi, Vittorio Alfieri, Monaldo Leopardi). Lo stesso Giacomo Leopardi le lesse e le postillò con grande attenzione, inserendone ampi brani nella "Crestomazia della Poesia italiana" da lui curata per l'editore Stella e pubblicata nel 1827.
Oggi, purtroppo, la poesia tragica e visionaria di Alfonso Varano è caduta nell'oblio. Occorre riscoprirla, perché è quella di un grande poeta del Settecento. Le "Visione Sacre e Morali", per fortuna, sono state recentemente ripubblicate dalla casa editrice Guanda, nella collana "Biblioteca di Scrittori Italiani", e dalle Edizioni dell'Orso. Non mi resta che invitarvi a leggerle, non fosse altro che per rivalutare un nostro "poeta dimenticato" che ben merita di essere riesumato dall'oblìo dei secoli.
Postremo Vate (scrittore, poeta, pubblicista, presidente del Circolo Artistico e Letterario Hogwords)
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