La schedina vincente Intervista a Roberto UggeriUn nuovo e bellissimo progetto letterario, con valenze sportive e umanitarie, sta per vedere la luce sotto l'egida della Casa Editrice Giangiacomo Della Porta di Moncalieri. Tredici scrittori, amanti dello sport, del calcio e della sua valenza sociale e storica raccontano, nel libro “La schedina vincente” i loro ricordi e le emozioni legate ad una particolare partita, quella che, in qualche modo, ha segnato la loro vita.
Conosciamoci meglio, chi è Roberto Uggeri? Ci disegni il suo autoritratto. Ho 54 anni. Trentotto li ho passati in radio. Parlo in onda e dove capita. Per restare nella metafora calcistica, sono un mediano della voce. Qual è, attualmente la definizione di sé stesso che preferisce? Gregario della parola. Entriamo in tema calcistico. Quale è la sua squadra del cuore? Fanfulla, innanzitutto, per nascita: sono di Lodi. Milan per passione paterna trasmessa. Quale è stato il suo stato d'animo quando il torinese Marco Piano, il capitano di questa nuova squadra nata per motivi letterari e benefici, le ha parlato di questo progetto? Come ha reagito alla convocazione in questa speciale nazionale di scrittori? Quali sono i motivi che fanno di Fanfulla Bologna la sua personalissima “partita della vita”? Stupore e senso di inadeguatezza. Solo il travolgente entusiasmo del nostro “Capitano” ha vinto le mie resistenze. Mi ero sempre ripromesso di fare il lettore e lasciare la scrittura a chi ne ha talento e passione. L’idea che sull’etica e poetica dello sport abbiano scritto da Gianni Brera a Beppe Viola, da Giovani Arpino a Osvaldo Soriano, per non parlare di Umberto Saba e persino Pier Paolo Pasolini, mi fa tremare i polsi. Mi sono chiesto cosa potessi aggiungere io che non fosse già stato scritto, meglio, da qualcun altro. La risposta è stata: nulla. Però ho accettato per ricambiare la stima e la fiducia che Marco Piano ha risposto in me. Ho fatto del mio meglio. Spero di non averlo deluso. Ho raccontato Fanfulla - Bologna del 1983 perché ricordo che ero giovanissimo ed emozionato, in diretta, nella radio della mia città, a condurre un programma musicale nel quale davamo gli aggiornamenti su quella prima partita dei bianconeri lodigiani in C1. In più fu una bruciante sconfitta ma da cosa si impara se non da tutte le volte in cui si perde? Purché si sappiano analizzare le avversità e ci si sappia rimettere in piedi velocemente. Rileggendo quel che accadde in quell’anno ho ritrovato anche la vicenda umana e giudiziaria di Enzo Tortora. Mi sono sembrate due buone ragioni per costruirne un racconto. Visto che la Gazzetta è l’organo di informazione ufficiale delle Edizioni Hogwords, ed ha lettori molto interessati al rapporto che si instaura tra i personaggi intervistati e le loro opere, entriamo a gamba tesa nella sua storia personale: ha mai pubblicato, a suo nome o in collaborazione con altri autori, dei libri? Oltre a elencarci titoli e argomenti trattati ci può dire quali sono state le sue sensazioni a vedere stampate le sue parole, le sue idee, sulla carta? Come anticipavo nella precedente risposta, non ho mai avuto ambizioni letterarie. Ho sempre lavorato con la parola pronunciata, alla radio, o interpretata, negli audiolibri e documentari. In radio sono parole mie che sgorgano a braccio, sul momento, senza rete. I testi ai quali mi trovo invece a dar voce sono parole di altri alle quali spero di riuscire a dar vita come meritano. Posso perciò fare un piccolo riassunto della mia vita professionale in questi ambiti: ho condotto programmi di intrattenimento e di informazione in tante radio che quasi non le ricordo bene tutte. Dai sedici ai ventiquattro anni ho fatto una lunga ma necessaria e fondamentale gavetta in tante radio locali di Lodi, Crema, Pavia e Milano. Poi ho firmato il primo vero contratto per Gamma Radio; sono passato a Circuito Marconi; a 34 anni, quando ormai non me lo aspettavo più, sono entrato in un network nazionale, RTL102.5, dove sono rimasto quindici anni; dal 2015 sono in onda su Radio Bruno. Ho dato voce a diversi documentari, per citare solo quelli a carattere sportivo mi piace ricordare una serie sul tennis e un’altra sull’alpinismo, uscite entrambe con La Gazzetta della Sport, curate da Paolo Bertolucci e Reinhold Messner. Sempre in ambito calcistico, ho finito di registrare, pochi mesi fa, l’audiolibro “Non pettinavamo mica le bambole”, sulle azzurre della nazionale femminile di calcio, scritto da Alessandro Alciato, dovrebbe uscire a breve su Audible. Onestamente mi riascolto solo per esigenze professionali, cioè per controllare se ci sono degli errori, prima di consegnare la registrazione, dopodiché non sento più le cose che ho fatto. Quindi non saprei cosa rispondere all’ultima parte della domanda. Più che altro sono contento di aver trasformato la mia passione in un mestiere che mi permette di viverci. Tutto lì. I suoi cari come si sentono ad avere uno scrittore, un giornalista, un personaggio che è o che diventerà famoso che gira per casa? Stiamo scherzando, vero? Non mi ascolta nemmeno mia mamma! Si sente di dare qualche consiglio ai giovani che si apprestano a leggere il libro “La schedina vincente”? Ha qualche raccomandazione o invito da fare alle lettrici ed ai lettori? Semplicemente di avvicinarsi a qualsiasi libro con curiosità onnivora. Se poi li coinvolgerà meglio ancora. Ma i libri sono una cosa talmente personale che, da lettore, a me pare persino siano i libri stessi a “scegliere” me, per qualche oscuro motivo. Basta che si legga è sempre una buona cosa. Ci parli del futuro. Sta scrivendo, pensando o organizzando cose nuove? Sto realizzando, per mio puro divertimento, una rubrica video e podcast che si intitola “Note a Margine”. La conduco con il mio ex direttore Roberto Zaino, tra i pionieri della radio privata italiana, tra i primissimi conduttori e giornalisti di Radio Milano International. Parliamo delle nostre passioni: libri e musica. A turno, uno di noi suggerisce un libro e l’altro propone una ideale colonna sonora da abbinare alla lettura. La pubblichiamo ogni lunedì su YouTube, sui principali social e sulle piattaforme podcast, come Spotify e Spreaker. Siamo arrivati alla nona puntata. Andremo avanti finché ne avremo voglia e tempo. Per finire ci racconti di questo periodo tremendo del virus. Ha avuto esperienze particolari, paure, tristezze o gioie inaspettate da raccontare? Cosa rimarrà nel suo cuore dei lunghi giorni passati in quarantena? Con quali speranze e desideri l’uomo Roberto Uggeri si appresta al ritorno della vita normale, se mai la vita ritornerà normale? Chiaro che sono rammaricato e rattristato per la sciagura che ha colpito il mondo intero e cambiato le abitudini di molti, quasi tutti. In tutta onestà, però, non di molto le mie: sono un solitario, un po’ misantropo. Non è cambiato granché nella mia vita, se non che uno dei due programmi che conduco, dall’inizio della pandemia, lo faccio da casa. Così come tutte le registrazioni che prima avvenivano negli studi. Se devo essere sincero non mi dispiace: vivo a Piacenza e, grazie al telelavoro, evito lunghe code in autostrada e tangenziale o viaggi in treno per andare a Milano, Reggio Emilia o Bologna. È tutto più comodo ed anche ecologico, che non guasta. Oltretutto, essendo un timido introverso, rendo molto di più lavorando da solo, in tranquillità, con i miei tempi: registro, cancello, monto, smonto, rifaccio finché non sono soddisfatto. Poi consegno tre o quattro versioni e attendo un riscontro. Devo soltanto prestare attenzione ai tempi di consegna ma posso organizzare molto meglio le mie giornate e interpreto più tranquillamente anche testi complessi, sui quali prima zoppicavo mentre ora mi riescono perfettamente, non avendo pressioni. Quindi, pur dispiacendomi umanamente per tutte le categorie che hanno vissuto profondi disagi e per le tante vittime, personalmente non posso lamentarmi. Anzi, spero che questo sistema di lavoro in remoto sia sdoganato e applicato anche in futuro. Ho avuto la fortuna di passare tutta la quarantena nel mio studio a registrare o fare dirette. Essendo la mia passione, non mi accorgo nemmeno del tempo che passa. Le giornate volano tutte in un soffio. Claudio Calzoni |