A Diego Armando Maradona. No, non ti ho conosciuto. Ti ho visto giocare, ti ho amato da appassionato, odiato da tifoso e seguito nella tua folle vita durante il calcio, dopo il calcio. Ho saputo tanto ma veramente poco di te. O meglio ho saputo quello che hanno sempre scritto di te i giornali, quello che ho visto alla televisione, quello che capivo con le mie piccole forze. Ma di te ho ricordi bellissimi, legati al periodo più bello della mia vita. Sono nato un anno prima di te. Non che questo importi, ma le mie esperienze sono legate al periodo storico e reale in cui anche tu hai vissuto. Anche se eri dall’altra parte del mondo abbiamo condiviso quegli anni, difficili, duri. L’anno prima della maturità, il 1977, un articolo di "Tuttosport" mi informava della tua presenza (sì ho i miei motivi per usare questa parola, la querida presencia, della canzone del Che), qualcuno ti voleva al Toro e c’era la tua foto, piccolo e smilzo, riccioluto e caparbio. Maradona e la Maratona. Oddio, c’era da tremare solo al tuo nome. Nessuno ti conosceva ancora. Poi sei diventato famoso. Io ho aperto il negozio, e dall’84 fino al 90, almeno, quel piccolo magazzino, pieno di frigo, lavatrici, televisori, computer e colmo di novità sensazionali, è diventato un ritrovo di gente granata, di amici, di giocatori che, finito l’allenamento al Filadelfia, venivano a vedere cose nuove, a ridere un po’ e a prendere aperitivi e cappuccini con il sottoscritto. Ero fornitore, amico, confidente di tanti ragazzi granata e qualcuno della Juve, molti miei coetanei e molti ancor più giovani. Io, che non ti ho mai conosciuto, ieri, stamattina, poco fa, ho pianto per te, e per il dolore che, so per certo, lasci nel cuore di tanti amici, non solo degli ammiratori, e non solo nel mondo del calcio. La tua storia, la tua leggenda, non è finita ieri, anzi, si alimenterà di aneddoti, di particolari. E vivrai ancora, sempre, nei cuori di tutti, anche di quelli che, adesso, hanno il coraggio di parlare male di te, invidiosi, come al solito, anche delle sofferenze e degli errori degli altri. Io, che non ti ho mai conosciuto, ho una maglia del Napoli a casa, una di quelle che indossavano i giocatori quando c’eri tu in squadra. Me l’aveva mandata un ragazzo che era tuo compagno di squadra, uno che aveva pianto per lasciare Torino. -Sei forte- gli dissi - vai a giocare con Maradona, vai a vincere e godere- e andò e vinse. Io, che non ti ho mai parlato assieme, ho confidenze e racconti su di te, come uomo, come calciatore, che potrebbero riempire libri di storia e di situazioni umane. Sei stato il più grande su quel campo enorme, attorniato da folle urlanti e mille occhi che aspettavano una tua magia per applaudirti o un errore per fischiarti. Ma so per certo, che nei piccoli gesti, in ogni cosa che facevi dentro e fuori dal campo, traspariva la tua essenza di uomo. Un uomo dal cuore buono, dalla personalità sensibile e schietta. Un uomo, come tanti, finito, forse spinto a forza, nel mare della droga ma sempre, con la mente e negli eccessi del tuo essere, dalla parte dei poveri, dei deboli, degli ultimi. Questo lo so. I ragazzi di allora, i tuoi avversari, quelli che ti menavano in campo e che prendevano botte da te, ed insulti per tutta la partita, e che poi abbracciavi sorridendo, mi raccontavano questo, allora. Eri il loro idolo. Parlavano di te come di un Maestro, e questo mi basta per ricordarti. Sapere che gli amici di un tempo (ma si perde l’amicizia o rimane nel cuore per sempre?) soffrono in questo momento triste per la tua morte, raddoppia la mia sofferenza. La tua presenza, amabile, carissima, rassicurante, rimarrà nei nostri cuori. Il resto, le questioni dei saggi, per ora le lascio a chi parla. Per per me tengo il silenzio, ed una maglietta da mostrare ai miei figli.
Qui rimane la chiara, penetrante trasparenza della tua cara presenza… (dal testo della canzone dedicata al Comandante Che Guevara)