La schedina vincente Intervista a Federico Castelletti CazzatoUn nuovo e bellissimo progetto letterario, con valenze sportive e umanitarie, sta per vedere la luce sotto l'egida della Casa Editrice Giangiacomo Della Porta di Moncalieri. Tredici scrittori, amanti dello sport, del calcio e della sua valenza sociale e storica raccontano, nel libro “La schedina vincente” i loro ricordi e le emozioni legate ad una particolare partita, quella che, in qualche modo, ha segnato la loro vita.
Conosciamoci meglio. Chi è Federico Castelletti Cazzato? Ci disegni il suo autoritratto. Dopo aver trascorso più di vent’anni nel mondo della comunicazione, nella grande Agenzia Armando Testa, e dopo aver fatto per alcuni anni il libraio (sia per passione sia per verificarmi sulla "linea del fronte") ora mi dedico alla valorizzazione delle persone e ad accompagnare le organizzazioni nel percorso di trasformazione richiesto da questo periodo di crisi ma anche di opportunità. Qual è, attualmente la definizione di sé stesso che preferisce? Non un’unica definizione ma un caleidoscopio di definizioni. Un camaleonte ibrido che collega conoscenze dai più svariati ambiti e discipline. Un po’ analista, un po’ filosofo, un po’ artista e un po’ consulente. Un terribile curioso. Una persona che si diverte a osservare ciò che accade intorno a noi e si diverte ad immaginare quello che verrà. Un buffone di corte disponibile a instillare un’inquietudine costruttiva. Entriamo in tema calcistico. Quale è la sua squadra del cuore? La Juventus da sempre ma c’è anche una seconda squadra che mi è cara per ragioni famigliari, l’Alessandria. Da parte di madre lì sono le mie radici. Le altre sono in Puglia ma lego quei luoghi ad altre passioni e non a una squadra di calcio. Per fortuna sono nato ibrido e questo per me è un grande valore. Quale è stato il suo stato d'animo quando il torinese Marco Piano, il capitano di questa nuova squadra nata per motivi letterari e benefici, le ha parlato di questo progetto? Come ha reagito alla convocazione in questa speciale nazionale di scrittori? Quali sono i motivi che fanno di Juventus-Milan del 28 maggio 2003 la sua personalissima “partita della vita”? Dato che sono un terribile curioso ho reagito con grande curiosità. Mi ha affascinato l’idea di scrivere di calcio, da tifoso e da piccolo praticante amatoriale, ma soprattutto di farlo insieme a persone che non conoscevo. In realtà, non è stato Marco Piano a parlarmi del progetto; è stato l’amico Roberto Veronesi, l’unico che conoscevo del gruppo. Un giorno mi ha chiamato e mi ha proposto di scrivere uno dei capitoli. Una sfida che ho accettato con grande entusiasmo. Grazie a questo contatto ho fatto la conoscenza di una bella squadra. Quando poi ho letto i vari brani ho sentito un’emozione che ci accomuna tutti e che dà all’opera un’armonia coinvolgente. Quella che ho scelto non è stata l’unica mia personalissima “partita della vita”. Guai ce ne fosse solo una. Se va male, cosa fai? Ti disperi per tutta la vita? L’ho scelta perché forse più di altre mi ha consentito di esprimere molti aspetti della mia personalità. Visto che la Gazzetta è l’organo di informazione ufficiale delle Edizioni Hogwords, ed ha lettori molto interessati al rapporto che si instaura tra i personaggi intervistati e le loro opere, entriamo a gamba tesa nella sua storia personale: ha mai pubblicato, a suo nome o in collaborazione con altri autori, dei libri? Oltre a elencarci titoli e argomenti trattati ci può dire quali sono state le sue sensazioni a vedere stampate le sue parole, le sue idee, sulla carta? Ho pubblicato un solo libro “Testamento di un massone”. Un po’ saggio e un po’ diario personale. Il frutto di un cammino di ricerca iniziato tanto tempo fa e che ho voluto mettere nero su bianco per fare un punto di tutto ciò che ho trovato dentro e fuori di me durante questo stimolante cammino. E poi per offrire questo frutto agli amici e a tutti coloro che affrontano la vita ponendosi delle domande. Amo i libri, un bel oggetto fatto di materia e di profumi. Avere un libro con stampato il proprio nome credo che faccia un particolare effetto a chiunque. Così lo è stato anche per me. Un modo anche per staccarsi dai propri pensieri e rivederli con spirito critico. Uno spirito che non bisogna mai perdere. I suoi cari come si sentono ad avere uno scrittore, un giornalista, un personaggio che è o che diventerà famoso che gira per casa? Non sono famoso e, quindi, posso girare per casa come ho sempre fatto. Però, qualche sguardo strano lo percepisco. Si sente di dare qualche consiglio ai giovani che si apprestano a leggere il libro “La schedina vincente”? Ha qualche raccomandazione o invito da fare alle lettrici ed ai lettori? Di non sentirsi obbligati a leggere questo così come qualunque altro libro. Spesso la scuola ti fa sentire la lettura come un peso invece di costruire un affascinante percorso di avvicinamento ad essa. Di farlo quando si ha voglia. Di iniziare da ciò che attrae. Se si inizia con il piede giusto, la lettura può diventare, con il tempo, un bisogno profondo, un modo per arricchire e aprire la propria mente, un’acquisizione di nuove lenti per osservare il mondo, uno spazio di relax e divertimento. Infine, di essere curiosi e non avere pregiudizi. Di leggere più generi, più autori, più punti di vista. Di esplorare territori sconosciuti. Di non porsi alcun limite. Ci parli del futuro. Sta scrivendo, pensando o organizzando cose nuove? Da un po’ di tempo sto pensando a scrivere un seguito del mio libro. Al momento è ancora tutto in ebollizione. Continuo comunque a scrivere articoli sui temi della mia professione che vengono pubblicati su SMGazette, magazine edito dalla società per la quale lavoro. Inoltre, elaboro sintesi delle ricerche che faccio su varie materie. Può darsi che questo lavoro mi porti a raccogliere il tutto in un testo organico. Se accadrà bene e se non accadrà sarà comunque un bene. Per finire ci racconti di questo periodo tremendo del virus. Ha avuto esperienze particolari, paure, tristezze o gioie inaspettate da raccontare? Cosa rimarrà nel suo cuore dei lunghi giorni passati in quarantena? Con quali speranze e desideri l’uomo Federico si appresta al ritorno della vita normale, se mai la vita ritornerà normale? Per fortuna il virus non ha toccato né me né i miei famigliari stretti. Ho avuto amici che sono stati colpiti, qualcuno di loro se ne è andato. Tutto questo, naturalmente, lascia e lascerà una ferita che però non va solo curata ma deve essere l’occasione per far germogliare da essa nuove consapevolezze e nuove visioni. Pur nel rispetto del dolore e delle difficoltà che questa pandemia ha generato ho vissuto questo periodo come l’occasione per realizzare una svolta. Per lavoro mi occupo di processi di cambiamento. Nella storia dell’umanità il cambiamento è una costante con periodi di piccoli cambiamenti e altri di grandi cambiamenti. Quello che abbiamo vissuto e stiamo ancora vivendo è un periodo di grande cambiamento. Un’occasione rilevante e come tale affascinante e ricca di stimoli. Spesso si parla di ritorno alla normalità. Posso comprendere questo desiderio ma non lo sento mio. Non voglio minimamente tornare alla normalità perché se così fosse non avremmo imparato nulla da questa pandemia, avremmo sprecato sofferenze e dolori e potremmo star certi di vederci calare sulla testa altri colpi. Claudio Calzoni |