La schedina vincente Intervista a Stefano NadaliniUn nuovo e bellissimo progetto letterario, con valenze sportive e umanitarie, sta per vedere la luce sotto l'egida della Casa Editrice Giangiacomo Della Porta di Moncalieri. Tredici scrittori, amanti dello sport, del calcio e della sua valenza sociale e storica raccontano, nel libro “La schedina vincente” i loro ricordi e le emozioni legate ad una particolare partita, quella che, in qualche modo, ha segnato la loro vita.
Conosciamoci meglio, chi è Stefano Nadalini? Ci disegni il suo autoritratto. Un ragazzino ultracinquantenne che, avendo constatato quanto sia inesorabile lo scorrere del tempo, si diverte a farlo tornare indietro ogniqualvolta gli capita l’occasione. La Schedina vincente è una di queste. Qual è, attualmente la definizione di sé stesso che preferisce? Sono uno sconfitto di successo, definizione da cui ho tratto il titolo del mio ultimo libro. Nella vita (e nello sport) mi ritrovo quasi sempre tra i perdenti. Ciò nonostante, avverto in modo netto l’affetto nei miei confronti da parte della gente, la quale apprezza il fatto che io ci metta sempre l’anima. Inoltre, si sa che i perdenti risultano più simpatici dei vincenti. Entriamo in tema calcistico. Quale è la sua squadra del cuore? Parlando di tifo, mi sia consentito di fare una premessa doverosa per un bolognese. All’ombra delle due torri esiste una religione chiamata pallacanestro, di fronte alla quale nessun bolognese DOC può dichiararsi ateo. Basket City è divisa in due fazioni. La Virtus rappresenta i fighetti e la bacheca, la Fortitudo i maragli e l’orgoglio. Per come sono fatto io, posso solo schierarmi con la Fortitudo. Quella è la squadra del mio cuore, un cuore sferico arancione a spicchi. Siccome parliamo di calcio, ho da anni l’abbonamento nella Curva Andrea Costa in cui, spero quanto prima, tornerò a sostenere il Bologna. In verità, lo seguo spesso anche in trasferta. Quale è stato il suo stato d'animo quando il torinese Marco Piano, il capitano di questa nuova squadra nata per motivi letterari e benefici, le ha parlato di questo progetto? Come ha reagito alla convocazione in questa speciale nazionale di scrittori? Quali sono i motivi che fanno di Italia-Ungheria del 1978 la sua personalissima “partita della vita”? Marco è l’Etna di Torino, un vulcano di idee che ogni tanto esplode in modo spettacolare. Sono stato il primo a sapere del progetto, a vedere il foglio di carta su cui il nostro CT letterario ha scritto i nomi dei convocati. L’ho ripagato, a mia volta, con una sorpresa. La vigilia di Natale del 2019, Marco si è trovato nella sua casella di posta elettronica il primo mattone della nuova costruzione: il mio capitolo. Ho scelto quella partita perché è la prima vista in vita mia davanti a un televisore a colori. Uno di questi è diventato, appunto, Il colore dei sogni; leggetelo e scoprirete di quale si tratta. Visto che la Gazzetta è l’organo di informazione ufficiale delle Edizioni Hogwords, ed ha lettori molto interessati al rapporto che si instaura tra i personaggi intervistati e le loro opere, entriamo a gamba tesa nella sua storia personale: ha mai pubblicato, a suo nome o in collaborazione con altri autori, dei libri? Oltre a elencarci titoli e argomenti trattati ci può dire quali sono state le sue sensazioni a vedere stampate le sue parole, le sue idee, sulla carta? Marco Piano mi aveva già coinvolto in un viaggio nel calcio che non esiste più. Unendo le nostre memorie, nel 2018 è nato Quando il 5 era lo stopper. Al contrario, è stata un’avventura solitaria quella che ha portato alla nascita di Sconfitti di successo, un’opera più onnivora dal punto di vista sportivo che vi descrivo in un attimo partendo dall'idea che mi ha ispirato: esistono tantissimi libri dedicati ai vincitori. Al contrario, Sconfitti di successo è dedicato a diciassette (numero non casuale) sportivi che persero sul campo ma vinsero nel cuore della gente. È una carrellata di eroi sfortunati, sconfitti in modo tanto singolare da rendere il loro ricordo più nitido e glorioso rispetto a quello di tanti vincitori. Una valanga di aneddoti e ricordi, in cui le vicende sportive e umane dei protagonisti si intrecciano con le vicissitudini personali di un altro grande sconfitto di successo: lo scrittore stesso. La mia filosofia di vita segue il principio L’importante non è quello che trovi alla fine della corsa, l’importante è quello che provi mentre corri. Vale anche per la scrittura. La soddisfazione non sta soltanto nel tenere in mano il libro finito ma anche nel trovare l’ispirazione, nel riordinare le idee, nei ritocchi, nel creare ogni giorno qualcosa di migliore. I suoi cari come si sentono ad avere uno scrittore, un giornalista, un personaggio che è o che diventerà famoso che gira per casa? Anche se mi prendono bonariamente in giro, i miei cari sanno quanto io sia determinato nell’inseguire i miei piccoli sogni, gioendo anche loro quando riesco a realizzarli. La schedina vincente è uno di questi, non perché diventerò famoso ma perché ho avuto il piacere di giocare in una squadra di scrittori. Saranno i lettori a stabilire se avremo vinto o perso la nostra partita; in tutti i casi, non avremo nulla da rimproverarci, perché ce l’abbiamo messa tutta. Si sente di dare qualche consiglio ai giovani che si apprestano a leggere il libro “La schedina vincente”? Ha qualche raccomandazione o invito da fare alle lettrici ed ai lettori? Ai lettori, in particolare quelli più giovani, consiglio di leggere questo libro staccandosi dal bombardamento mediatico attuale. Così facendo, forse, in queste pagine riusciranno a capire che un’emozione autentica non deriva dal guardare partite di calcio ogni giorno ad ogni ora, ma può scaturire anche da una sola partita e restare indelebile. L’emozione è qualcosa di intimo e personale, la sua grandezza non dipende dal bacino d’utenza. Ci parli del futuro. Sta scrivendo, pensando o organizzando cose nuove? Ho appena dato alla luce il libro Sconfitti di successo, la mia avventura letteraria si concluderà con La schedina vincente. Sono tornato a un mio vecchio amore: la radio. Sulla web radio Radiabo, assieme a Mirko Errani conduco un programma leggero e ironico dal titolo Il calcinculo-il calcio preso dal di dietro. Stiamo imparando qualcosa di nuovo, divertendoci. È una nuova avventura appena iniziata, vediamo dove ci porterà. Per finire ci racconti di questo periodo tremendo del virus. Ha avuto esperienze particolari, paure, tristezze o gioie inaspettate da raccontare? Cosa rimarrà nel suo cuore dei lunghi giorni passati in quarantena? Con quali speranze e desideri l’uomo Stefano Nadalini si appresta al ritorno della vita normale, se mai la vita ritornerà normale? Sono tra i fortunati, almeno per ora. Nessuno dei miei cari è stato contagiato in modo grave o ha perso il lavoro. Per tanti altri, purtroppo, non è stato così. Inutile illudersi, il mondo non uscirà migliorato da questa esperienza. Non sono sui social network, guardo pochissimo la tv, ragion per cui mi manca tantissimo il contatto umano con le persone care. Cercare di recuperarlo, sarà la prossima schedina vincente che giocherò. Penso di aver messo la crocetta sulle persone giuste, per il resto mi affido alla dea bendata. Claudio Calzoni |