Intervista al musicista e grande chitarrista Luca ColomboBuonasera Maestro. Ho assistito al concerto che la vede sul palco con il gruppo L.C. Project in un locale storico della Torino Rocchettara, il Peocio di Tony Scanta, e sono rimasto, come tutto il pubblico, particolarmente colpito dalla sua esibizione che, oltre a raggiungere vertici di virtuosismo eccelsi, ha regalato momenti di altissimo pathos musicale ed emozionale, dimostrando che la musica, qualsiasi musica anche la più difficile tecnicamente, può aprire le porte dell’anima se suonata bene e interpretata con il cuore. Ancora emozionato da quello che è stato uno dei più bei concerti dal vivo a cui ho avuto la fortuna di assistere, e nella mia lunga vita da appassionato ne ho visti tanti, volevo ringraziarla a nome di tutti i nostri lettori, per avermi concesso l’onore di questa intervista.
Conosciamoci meglio, chi è Luca Colombo? Ci disegni il suo autoritratto. Qual è, attualmente, la definizione di sé stesso che preferisce? Non sono bravo negli autoritratti, non ho quasi mai una percezione attendibile, credo di essere una persona che ha dedicato e continua a dedicare la propria esistenza alla musica, alla sua evoluzione stilistica attraverso la chitarra, la composizione e l’insegnamento. Probabilmente quella di musicista a tutto tondo, non amo le classificazioni e le certificazioni. La musica è un’arte astratta e che è difficile descrivere a parole, va ascoltata, e così preferisco definirmi attraverso il suono più che attraverso le parole. Entriamo nel tema della sua grande, direi immensa, passione: la chitarra. Ci può descrivere il suo rapporto con lo strumento musicale più amato dai giovani e che più ha rappresentato, e interpretato, la storia della musica negli ultimi 70 anni? Ci può confessare quali sono, tra le sue innumerevoli esperienze in campo artistico, quelle che più ha amato e che vorrebbe descrivere ai nostri lettori? Ho iniziato la mia carriera musicale nel 1988, partendo in tour con la grande Loredana Berté e da allora la mia attività live e in studio si è concretizzata attraverso le collaborazioni con i grandi artisti che sono presenti nelle mie biografie. Cito Eros Ramazzotti, Nek, Max Pezzali, Toto Cutugno, Laura Pausini, Mina, Adriano Celentano, Marco Mengoni, Mango, Ultimo, Franco Battiato, Anna Oxa, Antonella Ruggiero, sino ad arrivare alla collaborazione ancora in corso col grande Gianni Morandi con cui collaboro come chitarrista e come direttore musicale del tour. Rischio sempre di dimenticare qualcuno, i nomi sarebbero ancora tanti e non vado di certo in ordine di importanza, sono stato fortunato ed ognuno mi ha lasciato un ottimo ricordo. Poi è arrivata la tv che mi ha conferito sicuramente più notorietà ed esperienza, citando su tutti i 15 festival di Sanremo a cui ho partecipato come chitarrista. Facciamo una piccola digressione nel presente. Ci può parlare delle sue attuali attività nell’ambito dell’industria musicale e discografica italiana? La mia attività artistica che esercito attraverso i miei progetti live e discografici, come quello da te citato, sono quelli che mi danno la possibilità di sperimentare, senza timore di fare troppo o troppo poco, perché non ho qualcuno che mi dice cosa va bene e cosa no. Però sono molto autocritico e cerco sempre di suonare per il pubblico, di qualunque natura esso sia, conoscitore della chitarra o totalmente neofita, appassionato di musica strumentale o pop. Suonare col cuore va sempre bene, perché diventa un linguaggio che si sviluppa attraverso le emozioni, e le emozioni, belle o brutte che siano arrivano sempre a tutti, anche a chi simpaticamente a fine concerto dice “non conosco la musica e la chitarra ma mi sono emozionato”, è forse il complimento più bello. Visto che la Gazzetta è l’organo di informazione ufficiale delle Edizioni Hogwords, ed ha lettrici e lettori molto interessati al rapporto che si instaura tra i personaggi intervistati e i loro interessi letterari e musicali, entriamo a gamba tesa nella sua personalissima storia. Quali sono stati i passi che la hanno condotta a scegliere la vita da musicista? Qual è stata la molla che ha trasformato una passione artistica in un lavoro, una professione certamente piena di soddisfazioni ma sicuramente carica di sacrifici e di difficoltà? Non avevo un disegno preciso, ho amato la musica e gli strumenti musicali sin da piccolo, catturavano la mia attenzione come accade ancor oggi; tuttavia, studiavo informatica e non pensavo certo alla musica come una possibilità lavorativa. Oggi guardo indietro e penso di avere fatto tanta strada, in tutti i sensi, anche in termini di chilometri, e ogni volta penso fin dove mi ha portato la chitarra. Forse il segreto è di non avere aspettative o traguardi, suono, studio leggo ed approfondisco, e poi accadono le cose. Anche la composizione musicale non ha un fine se ci pensi, però spesso un brano verrà ascoltato da tante orecchie e magari diventerà la colonna sonora di un film o semplicemente della giornata di qualcuno. Restiamo in ambito letterario. So che lei ha anche la passione della scrittura. Può raccontare ai nostri lettori come è nato il suo libro “Vita da chitarristi. Oltre le corde”? Anche questo è nato un po’ per caso, mi è sempre piaciuto scrivere sui social e piano piano mi sono lasciato andare a post sempre più lunghi. Li ho conservati e li ho integrati con altri racconti: sono racconti basati sulla vita del musicista e del chitarrista nello specifico, in cui un po’ tutti si riconoscono, senza necessariamente avere una competenza tecnica, sono racconti semiseri quindi la chiave di lettura è sempre ironica. Diciamo che quando scrivo mi prendo molto più in giro di come faccio nella quotidianità, forse è un mio modo per esprimere una parte di me che è sempre abbastanza nascosta. I suoi cari come si sentono ad avere un artista così completo e famoso che gira per casa, le poche volte che la sua agenda è libera da impegni, tournee, eventi e docenze? Per i miei figli, per la mia compagna, sono una persona normale, che fa cose normali, e che ogni tanto vedono in tv o su un palcoscenico. Cerco di essere presente e di fare cose normali con loro, sono quelle che ti permettono di non cambiare mai, di mantenere le tue radici anche dopo che hai suonato in uno stadio davanti a 80.000 spettatori, che, come dico sempre, non sono lì per me, ma mi ascoltano volentieri come parte integrante di un grande show. Il tempo è sempre poco ma cerco di gestirlo al meglio e ultimamente mi rendo conto di quanto avere una vita privata serena sia importante per svolgere il mio lavoro al meglio. So che non è facile ma, se le fa piacere, ci può raccontare qualcosa della sua infanzia? Come è nato il rapporto, così stretto e, credo, così indissolubile con la chitarra? Come ho già accennato ero attratto dagli strumenti musicali, anche il fatidico flauto dolce che si studia a scuola catturava la mia attenzione e cercavo di ottenere da esso qualcosa di accettabile. Poi, ricordo che in una vacanza mi imbattei nella chitarra di un amico, avevo circa dieci anni, e praticamente gliela sequestrai, passando le giornate a fare pratica. Fu il primo regalo del Natale seguente e da quel momento non me ne sono mai separato, non ho mai smesso di suonare da allora. In questa strana epoca in cui la tecnologia sta soppiantando la creatività e sostituendosi alle abilità umane in ogni campo, qual è il consiglio che può dare ai ragazzi, ai giovani appassionati di musica che hanno la passione e l’intenzione di sfondare nell’ambito dello spettacolo? Vale ancora la pena esercitarsi per ore alla ricerca della perfezione, della nota giusta o dell’effetto con la sonorità migliore, se tutto può essere riprodotto con facilità dal computer? Vale sempre la pena, per sé stessi. Vero è che oggi ci sono tante scorciatoie e mistificazioni tecnologiche, ma non durano, non contribuiscono a creare un pensiero musicale creativo serio e retto. La miglior strada è la pratica, da soli e con altri musicisti con cui condividere i propri progressi, magari sotto la guida di un buon insegnante, ma non sempre, bisogna anche essere liberi di sbagliare strada per trovare qualcosa di nuovo. L’era dei tutorial porta all’omologazione, non la seguo, ma ognuno è libero di fare come gli pare. Ci racconti degli eventi e delle emozioni provate ai concerti e alla tournee in cui, in veste di Direttore Artistico e chitarra solista, ha lavorato con il Mitico Gianni Morandi. Vederla suonare nell’emiciclo di Palazzo Madama di fronte ai parlamentari, ai senatori ed al Presidente della Repubblica è stata una vera emozione. Cosa può provare un musicista in un momento simile? Cosa riserva il domani professionale all’uomo Luca? Sta pensando, provando, scrivendo, componendo o organizzando cose nuove e sorprese per i suoi tantissimi fans? È stata sicuramente una grande responsabilità ed una grande emozione, ma non differisce tanto dalla responsabilità che provo a suonare in un club davanti a cento persone, ogni performance ha la sua singolarità e come tale va vissuta, Sul futuro non so dirti, procedono le mie collaborazioni ma navigo a vista, forse anche in virtù del cognome che porto. Si narra che Cristoforo Colombo scopri l’America navigando nella direzione errata. Chissà? Infine, le chiedo gentilmente di fare un saluto ai nostri lettori che, da oggi, avranno un amico in più da seguire nei concerti (della sua band e dei personaggi famosi con cui collabora), sui social (lei è seguitissimo da tutti gli appassionati), senza dimenticarsi dei dischi, delle partecipazioni televisive e del libro... Certamente, saluto chi avrà avuto la pazienza di leggere questa bella carrellata di domande e risposte, e rimando magari qualche chiacchierata di persona ai miei concerti, perché la musica va sempre vissuta in presenza! Grazie Maestro. Sono particolarmente felice di questa intervista. Le nostre lettrici ed nostri lettori sicuramente la seguiranno e troveranno l'occasione per applaudirla. Claudio Calzoni |