La schedina vincente Intervista a Claudio Calzoni.Un nuovo e bellissimo progetto letterario, con valenze sportive e umanitarie, sta per vedere la luce sotto l'egida della Casa Editrice Giangiacomo Della Porta di Moncalieri. Tredici scrittori, amanti dello sport, del calcio e della sua valenza sociale e storica raccontano, nel libro “La schedina vincente” i loro ricordi e le emozioni legate ad una particolare partita, quella che, in qualche modo, ha segnato la loro vita.
Conosciamoci meglio. Chi è Claudio Calzoni? Ci disegni il suo autoritratto. Sono un sessantaduenne torinese. Ho vissuto intensamente una vita movimentata, piena di soddisfazioni e di amarezze, mai banale. Ho bellissimi ricordi da andare a ripescare ancora nel tempo, ho avuto fortune ineguagliabili e gioie splendide. Ho sconfitte pesanti, macigni nell’anima, e lacrime dolenti da piangere ogni notte. Non ho grossi rimpianti, né troppi rimorsi. Sono innamorato, sempre, e questo basta. Qual è, attualmente la definizione di sé stesso che preferisce? Non so, non mi sento di definirmi, e non so come possano definirmi gli altri, i conoscenti, gli amici, gli sconosciuti. L’idea che mi sono fatta di me stesso cozza, spesso, con i pensieri di chi mi sta vicino. Alla fine, credo, di aver fatto tanto per tutti. Di quello che ho ricevuto in cambio meglio non parlare, visto che peso già troppo sulla mia famiglia, e pesano troppo gli errori sulla mia anima. Tra mille amarezze comunque vivo di impegni costanti e di splendidi ricordi. Posso dire d'avere avuto, spesso, riconoscimenti sinceri che mi hanno riempito d'orgoglio e soddisfazione. Tra mille problematiche quotidiane mi piace ascoltare lo scrittore ed il poeta che urlano forte la loro presenza in me, ma non sempre si può essere ciò che si sogna. Entriamo in tema calcistico. Quale è la sua squadra del cuore? Sono tifoso del Toro. Sono stato, nella mia vita precedente da commerciante, fornitore della squadra. Avevo ed ho ancora molti amici calciatori, dirigenti e personaggi legati allo sport. Proprio per la mia attività ho servito anche parecchi giocatori e personaggi del mondo juventino, e non me ne vergogno. Da scrittore ho curato per dieci anni il Concorso di Letteratura Granata di Vigone, conoscendo persone splendide della storia del giornalismo e del calcio torinese e sono orgoglioso della mia fede calcistica, non certo degli ultimi anni di gestione societaria. Ho avuto anche la fortuna di scrivere un libro “I luoghi del Toro” che cerca di analizzare il rapporto tra la squadra granata e Torino. Per la stesura del libro sono andato in giro per la città alla ricerca delle case in cui hanno vissuto molti degli Invincibili. Credetemi, è stata una vera emozione. Purtroppo, e nonostante tutto, resto e rimango del Toro. Sono legato ai colori granata da un amore viscerale, sebbene l’attuale proprietà della squadra abbia messo in atto, progressivamente e coscientemente, una strategia volta ad appiattire e annullare le peculiarità ed i valori che da sempre hanno sostenuto e caratterizzato i protagonisti del mondo del Torino. Valori sportivi, morali, sociali incarnati e vissuti in prima persona e con orgoglio da tutto il mondo torinista, dai giocatori ai dirigenti, dal magazziniere ai tifosi. Non mi rassegno ad accettare la tesi che “il calcio è cambiato” per giustificare ogni abominio, non ce la faccio. Quale è stato il suo stato d'animo quando il torinese Marco Piano, il capitano di questa nuova squadra nata per motivi letterari e benefici, le ha parlato di questo progetto? Come ha reagito alla convocazione in questa speciale nazionale di scrittori? Quali sono i motivi che fanno di Torino-Juventus del 22 ottobre 1967 la sua personalissima “partita della vita”? Ho subito accettato, con gioia e soddisfazione, la convocazione in questa squadra ideale di scrittori. Il calcio è una delle mie passioni ma più forte ancora è quella per la letteratura per la scrittura, per il racconto. Oltre all’amicizia per motivi di lavoro, e la condivisione di conoscenze in ambito sportivo, di Marco Piano conservo un bellissimo ricordo di stima e affetto. Con piacere fui scelto come uno dei i privilegiati a leggere in anteprima quello che sarebbe poi diventato il suo primo libro. Per quanto riguarda la partita scelta per il racconto, giocata il 22 ottobre del 1967 occorre fare riferimento a due date precise di quell’anno: la prima è il 9 ottobre, data della morte di Che Guevara; la seconda è il 15 di quel mese maledetto, giorno della scomparsa di Gigi Meroni. Nel racconto del derby successivo alla morte del giocatore del Torino cerco di analizzare, con la mente dell’uomo e gli occhi del bambino, tutto il subbuglio provocato dalla quasi contemporanea dipartita di due grandi e famosissimi uomini, protagonisti enormi di quegli anni, diventati, in quei giorni, simbolo di Leggenda e Mito. Inutile dire che quella partita ha veramente segnato la mia vita, dandomi riferimenti e motivazioni che potrete leggere nel racconto. Visto che la Gazzetta è l’organo di informazione ufficiale delle Edizioni Hogwords, ed ha lettori molto interessati al rapporto che si instaura tra i personaggi intervistati e le loro opere, entriamo a gamba tesa nella sua storia personale: ha mai pubblicato, a suo nome o in collaborazione con altri autori, dei libri? Oltre a elencarci titoli e argomenti trattati ci può dire quali sono state le sue sensazioni a vedere stampate le sue parole, le sue idee, sulla carta? Ho trovato editori molto comprensivi nella mia vita. Intorno ai quarant’anni, forse un po’ tardi sulla tabella di marcia, ho pubblicato con una casa editrice di Milano il mio primo libro di poesie “Dannati e altre storie” che ora, naturalmente, è introvabile. Da allora, viste le reazioni della gente alle prime letture al Salone del Libro, ho preso coraggio e tra poesie, romanzi e saggi, soprattutto in questi ultimi anni, ho pubblicato diversi libri. Scusate se provo ad elencare gli ultimi. Per le Edizioni Hogwords sono usciti “Magie Oscure” (una raccolta di racconti tra il fantastico e l’horror). “L’Altro Dio…ovvero se il Re dei Re” (un viaggio, duro, terreno e, forse eretico, nella vita dell’uomo che ha cambiato la storia). I tre volumi della saga torinese “La traccia del fuoco” (il primo omonimo, il secondo intitolato “La Rivelazione” ed il terzo “La cassa d’oro”) raccontano tra lo storico, il fantastico ed i mille riferimenti leggendari legati alla città di Torino, le avventure di una compagnia di amici alla ricerca delle tracce del Mistero. “Il mistero del Serpente Piumato” altro thriller avventuroso ambientato in Amazzonia e “Non solo Covid, robe da matti” che è un libro autobiografico tratto dai diari tenuti durante un mio ricovero ospedaliero. Le Edizioni Hogwords hanno anche pubblicato i due volumi contenenti le interviste che, in virtù di direttore e giornalista, sono state pubblicate sulla webzine “La Gazzetta di Hogwords”. Nel 2019, per Yume Editore di Torino è uscito il saggio “I luoghi del Toro” che analizza, da un punto di vista storico e sociale, il rapporto tra la città e la squadra granata. Per scelta non partecipo a concorsi e non mi interessano premi, preferisco fare il giudice e spesso faccio parte di comitati di giuria di concorsi letterari, quindi non cito nessun palmares di vittorie o similari. La mia intenzione, da scrittore, è fare divertire e pensare il lettore, magari trascinando per mano chi legge in storie appassionanti e avventurose. Vedere le mie parole stampate ha fatto sempre un certo effetto sulla mia autostima, sentirle recitate mi emoziona, ma ripeto, anche se sembra assurdo, non ho mai scritto per me. Quello che mi dà soddisfazione è riuscire ad interagire al massimo con il lettore. I suoi cari come si sentono ad avere uno scrittore, un giornalista, un personaggio che è o che diventerà famoso che gira per casa? Mia moglie e i miei figli (23 e 17 anni) non credo abbiano mai letto una riga di tutti quei libri allineati sullo scaffale con il mio nome sopra, quasi si vergognino. Forse pensano che la mia attività di scrittore sia solo inutile e infruttuosa, un passatempo insensato, una passione senza capo né coda. Del resto, non è certo redditizia, almeno per ora. Non ricordo di aver fatto una presentazione di un libro o una conferenza con qualcuno di famiglia nel pubblico. Forse dovrei smettere di illudermi. Si sente di dare qualche consiglio ai giovani che si apprestano a leggere il libro “La schedina della vita”? Ha qualche raccomandazione o invito da fare alle lettrici ed ai lettori? Non posso che ripetere quello che ci siamo detti noi autori quando il libro stava per vedere la luce: questa è una serie di cassetti della memoria, da usare come una sorta di macchina del tempo, per guardare e magari capire la storia di più generazioni, attraverso il comune denominatore del campo di calcio e dei suoi protagonisti. La schedina, presente nel titolo, come gioco nel gioco, come azzardo e sistema per cambiare la vita, ha poi la valenza evocativa dei tempi che furono, dei tempi della radiolina e di “Tutto il calcio minuto per minuto”. Quei tempi che ora sembrano lontani ma che hanno ancora da insegnare molto a chi vuole analizzarli e comprenderli. Mi permetto di avvertire le lettrici: Attenzione! In questi racconti troverete un sacco di bei ragazzi che non avevano, non hanno, solo la testa nel pallone ma un cuore ed un’anima ribelle. Troverete persone innamorate e felici, giovani alla ricerca di nuove avventure e tante, tantissime emozioni da condividere. Potreste innamorarvi. Non aspettiamo altro. Ci parli del futuro. Sta scrivendo, pensando o organizzando cose nuove? Non credo di stare mai fermo, non riesco. Vado avanti. Come ho anticipato è uscito, da poco, il quarto romanzo della saga de “La traccia del Fuoco”. Il libro si intitola “La cassa d’oro” ed è una sorta di thriller avventuroso. Ho una quantità di progetti enorme. Il tempo che rimane, e la fortuna di restare in salute, sono le variabili incontrollabili per continuare il lavoro. Per finire ci racconti di questo periodo tremendo del virus. Ha avuto esperienze particolari, paure, tristezze o gioie inaspettate da raccontare? Cosa rimarrà nel suo cuore dei lunghi giorni passati in quarantena? Con quali speranze e desideri l’uomo Claudio Calzoni si appresta al ritorno della vita normale, se mai la vita ritornerà normale? Ho una strana sensazione nel rispondere a questa domanda. Ho letto moltissima fantascienza, conosco la storia delle Religioni e dei miti dell’Umanità. Sono della generazione degli Urania, di Capitan America, di Star Treck e di “Terra senza tempo”. Mi sono appassionato ai misteri ed alle cose strane da sempre, e ora mi accorgo di vivere in un mondo già pensato, già scritto, già previsto nel tempo dagli scrittori, profetizzato dai maghi, evocato dalle religioni. Questa Pandemia ha scatenato tutto quello che avevo dentro, dalla paura della morte, non tanto la mia ma quella dei miei cari, allo scetticismo più intransigente, dalle convinzioni complottiste alla meditazione profonda, dalla rivolta politica, dal rifiuto della dittatura scientifica, all’accettazione supina e fatalistica di ogni imposizione. Credevo d’avere un certo numero di anticorpi, ero sicuro d’avere avuto una vita talmente splendida e contrastata, talmente attiva e intensa da aver già visto tutto. Ma non era così. Ora spero che almeno i miei figli possano ritornare a non aver paura, a sorridere abbracciando un amico, o ad assaporare l’amore per la vita. Spero nel lavoro e nella ripresa, nella rinascita del nostro paese e del mondo, ma non sono molto fiducioso. I soldi, la voglia di potere, l’ansia dell’accaparramento domineranno sempre più le nostre vite, sia nel nostro misero piccolo orto che nella gestione delle ecumeniche società mondiali e universali. Non saranno le mascherine a fermare il virus della malvagità umana. I sorrisi potrebbero riuscirci. Pier Giorgio Tomatis |