La schedina vincente Intervista a Stefano ZaneriniUn nuovo e bellissimo progetto letterario, con valenze sportive e umanitarie, sta per vedere la luce sotto l'egida della Casa Editrice Giangiacomo Della Porta di Moncalieri. Tredici scrittori, amanti dello sport, del calcio e della sua valenza sociale e storica raccontano, nel libro “La schedina vincete” i loro ricordi e le emozioni legate ad una particolare partita, quella che, in qualche modo, ha segnato la loro vita.
Conosciamoci meglio. Chi è Stefano Zanerini? Ci dipinga il suo autoritratto. Ok, prendo una tela e mi dipingo. Scherzo ovviamente, perché è sempre difficile parlare di sé. Diciamo che sono una persona forse creativa, che non mi fermo difronte a nessuna avversità e vedo sempre il bicchiere mezzo pieno, anzi quasi colmo. Meglio essere positivi, tanto le negatività vengono da sé. Spero e credo di poter essere simpatico e quando mi fanno un complimento quasi “me ne vergogno” per un senso d’imbarazzo che non mi abbandona mai in quei casi. Qual è, attualmente la definizione di sé stesso che preferisce? Non c’è uno slogan specifico, però quando nel mio lavoro mi riconoscono la professionalità, mi sento appagato. Cioè mi sembra di aver raggiunto l’obiettivo. Non quello personale, ma felice di aver raggiunto l’obiettivo prefissato. Ho la fortuna di fare un lavoro che mi piace ed indipendente, ed ogni mattina mi sveglio con obiettivi che a volte sono davvero giornalieri. Entriamo in tema calcistico. Quale è la sua squadra del cuore? Qui debbo fare una netta distinzione. La mia squadra del cuore è sicuramente il Bologna, ma sono innamorato di alcune squadre, le meno famose per certi aspetti, che da ragazzo ho conosciuto emotivamente e che mi hanno sempre affascinato per la loro storia. Così il Grande Torino di Bacigalupo, Ballarin, Maroso eccetera eccetera, ed i granata della coppia Graziani-Pulici. Oppure il Genoa, dove ho mosso i primi passi da bambino con un allenatore come Mariolino Corso. Senza dimenticare il Cagliari di Gigi Riva e Greatti. Il Verona di Bagnoli, insomma tutte quelle squadre che senza nessun aiuto hanno attraversato i Campionati ricchi di emozioni. Amo quel Calcio che crea stimoli ed attenzioni. Quale è stato il suo stato d'animo quando il torinese Marco Piano, il capitano di questa nuova squadra nata per motivi letterari e benefici, le ha parlato di questo progetto? Come ha reagito alla convocazione in questa speciale nazionale di scrittori? Quali sono i motivi che fanno di Bologna-Catania la sua personalissima “partita della vita”? Una bella sensazione. Mi sono sentito privilegiato. Mi sono sentito come quel calciatore di una squadra minore che riceve la chiamata in Nazionale. Io gregario in una squadra di prime punte, pronto a giocarmi il mio ruolo. Da intervistare Marco Piano e Stefano Nadalini per il loro libro, ad affiancarli per questo progetto, mi risulta facile pensare di aver accorciato i tempi. Tra l’altro ho già tre libri scritti inediti, ma questa chiamata mi ha stimolato ad essere pubblico. Ad esternare le mie sensazioni, che nel caso si riferiscono al mio esordio da spettatore di un evento per me storico. Parlo di Bologna-Catania, il mio debutto sui gradoni con il Babbo. Quel giorno mi sono sentito grande, e non ho mai smesso di pensarlo. Un Bologna bello da vedere, simpatico, vero, sanguigno, che rappresentava la bolognesità pur con tanti forestieri, che conquistò uno Scudetto memorabile, anche combattendo contro i poteri forti. Eravamo tutti dei Dall’Ara, e siamo ora sempre al Dall’Ara. Visto che la Gazzetta è l’organo di informazione ufficiale delle Edizioni Hogwords, ed ha lettori molto interessati al rapporto che si instaura tra i personaggi intervistati e le loro opere, entriamo a gamba tesa nella sua storia personale: ha mai pubblicato, a suo nome o in collaborazione con altri autori, dei libri? Oltre a elencarci titoli e argomenti trattati ci può dire quali sono state le sue sensazioni a vedere stampate le sue parole, le sue idee, sulla carta? Come detto, forse per pudore, non ho ancora editato niente, anche se posso sentirmi inserito nel settore, lavorandoci qualche volta per professione. Ho due saggi ed un romanzo storico che ho sempre immaginato pubblicare postumi. Questa proposta editoriale mi ha risvegliato alcune sensazioni che non conoscevo. E la scelta di farlo di squadra ancora di più. Avevo bisogno probabilmente di un incentivo e questo è arrivato. Grazie a persone che conoscevo, poche, ed altre che sto conoscendo. Molte. Tutte con identità diverse ed anche visioni differenti ma con uno scopo unico: parlare di sensazioni, di emozioni e di vita. Quella che a volte trascuriamo o dalla quale alle volte sfuggiamo. Diciamo una terapia di gruppo che a me ha fatto molto bene. Ora la squadra è pronta e dopo il mercato estivo è pronta ad affrontare il Campionato puntando alla Champion senza limiti. I suoi cari come si sentono ad avere uno scrittore, un giornalista, un personaggio che è o che diventerà famoso che gira per casa? Penso che le persone a me care non abbiano ancora capito chi sono o cosa faccio. Non perché non osservino, ma perché la mia duttilità diventa a volte spiazzante. Comunque, ringrazio il gatto, il cane, le cinque tartarughe con cui divido la mia vita per ciò che penseranno. Ed in fondo anche mia moglie che mi supporta e sopporta. P.S. non chiedetele se sono un giornalista, se no la domanda più facile che ne deriverà sarà “Ok ma per vivere cosa fai…?" Si sente di dare qualche consiglio ai giovani che si apprestano a leggere il libro “La schedina vincente”? Ha qualche raccomandazione o invito da fare alle lettrici ed ai lettori? Ai giovani non mi piace dei consigli. Preferisco dare se possibile il buon esempio. Concordo in questo senso con De André. Unica certezza che si può contestualizzare è il fatto di vivere la condivisione. Siamo diventati, come umanità, così aridi di esternazioni giuste, che la condivisione diventa indispensabile. Mettere a disposizione degli altri e se possibile trovare scambi interessanti, diventa vitale, per noi stessi e gli altri. Leggete, scrivete e ribellatevi. Le parole valgono più di tante altre azioni. Ci parli del futuro. Sta scrivendo, pensando o organizzando cose nuove? Forse riprenderò, anzi inizierò a tradurre i pensieri accantonati per trasformarli in libri. A differenza di altri ho materiale per crearmi spazio, se condiviso ed accettato, per far conoscere i miei pensieri. “Il cassetto della felicità” potrebbe essere il primo. Un libro che avevo immaginato e pensato quando nacque mia figlia, che ora a sua volta è mamma. Oppure con “La teoria del K” che ha la presunzione di dare una risposta logica alla Storia che stiamo vivendo. Un percorso nella storia dell’umanità che propone una teoria che potrebbe avere qualche logica. Ecco cosa ha scatenato una “schedina”. Ha rispolverato concetti ed espressioni sopite che… Per finire ci racconti di questo periodo tremendo del virus. Ha avuto esperienze particolari, paure, tristezze o gioie inaspettate da raccontare? Cosa rimarrà nel suo cuore dei lunghi giorni passati in quarantena? Con quali speranze e desideri l’uomo (vostro nome) si appresta al ritorno della vita normale, se mai la vita ritornerà normale? Ho identificato la crisi in tre fasi: la speranza, la delusione e la certezza. La speranza la faceva da padrona quando la pandemia ci ha colpiti e travolti. Balconi, sorrisi mascherati, striscioni-lenzuoli improvvisati ci hanno regalato una grande speranza. Un’umanità che poteva essere migliore, anche se da ottimista nato non ci ho creduto troppo. Sarebbe stato troppo bello. E poi la delusione, nel vedere che la gente, forse me compreso, mentiva. Non era speranza ma illusione. Si voleva esorcizzare una realtà con degli slogan e così è stato e non si è affrontato il problema con la serietà dovuta. Non solo da parte della gente per essere chiari. Ed ora la certezza. La certezza che nulla sarà più come prima e quindi mi viene spontaneo dire, organizziamoci. Io nel mio piccolo sia in famiglia che nella professione mi sto muovendo in quel senso. La certezza che tutto cambia e cambierà e non bisogna farsi trovare impreparati. Bisogna, in qualche modo, anticipare i tempi e cambiare il percorso della nostra vita. Volenti o nolenti con questa precarietà dovremo conviverci per tanti anni ancora e quindi trasformare le difficoltà in opportunità. Lo dicono alcuni potenti della Terra o Filosofi vari, ma credo che in fondo debba essere un concetto condiviso. Soprattutto singolarmente e magari solo per noi stessi. Un egoismo accettabile. Il Mondo è cambiato ed il cambiamento non deve nuocere, ma renderci più forti e forse più uomini. Mamma mia sto invecchiando. Me ne accorgo esprimendo questi concetti… Un'ultima cosa, direi molto interessante. la fotografia che mi ha mandato rappresenta due ragazzi in tenuta calcistica e con i capelli lunghi... Certo. Siamo io e Pierluigi Collina, uno degli arbitri più famosi della storia. Giocavamo nella stessa squadra ed eravamo, in realtà siamo ancora, molto amici. Mi fa piacere condividere con i lettori della Gazzetta di Hogwords un ricordo di quei tempi e di quelle folte criniere... Claudio Calzoni |