I classici italiani dimenticati
Ritratto secondo
NICCOLÒ FORTEGUERRI, il poeta del "Ricciardetto"
Niccolò Forteguerri nacque a Pistoia nel 1674 e morì a Roma nel 1735.
Proveniente da una illustre famiglia, studiò in scuole gesuitiche e ottenne la laurea in giurisprudenza, a Pisa, nel 1695.
Nello stesso anno si trasferì a Roma, venne ordinato abate e, in seguito, fu nominato canonico di Santa Maria Maggiore e poi cardinale.
Ingegno fantasioso e satirico, il Forteguerri aderì all'Arcadia (la celebre accademia fondata a Roma, nel 1690, dai cortigiani della defunta principessa Cristina di Svezia), nel 1710, con il nome pastorale di Nidalmo Tiseo.
Scrisse liriche boscherecce, carmi amorosi, poesie sacre. Fu affascinato dal teatro classico e tradusse in italiano testi di Euripide e di Terenzio.
La frequentazione dell'ambiente ecclesiastico della Roma dei Papi (frivolo, corrotto, cortigianesco, dove i prelati pensavano più ai banchetti e alle avventure erotiche, piuttosto che alle questioni della Fede e ai problemi dello spirito) non solo lo disgustò parecchio ma acuì la vena satirica del Forteguerri che, dapprima, si mise a fustigare la corruzione degli ecclesiastici e dei porporati nei "Capitoli" (componimenti in terzine dantesche), quindi nella sua opera maggiore, quella per cui ancora oggi è menzionato nelle storie della Letteratura italiana, ovvero, il poema cavalleresco, satirico-burlesco, intitolato "Il Ricciardetto", in trenta canti, in ottave, che venne pubblicato postumo nel 1738, non con il nome dell'Autore ma con lo pseudonimo di Niccolò Carteromaco.
Il poema fu iniziato nel 1716, quasi per scherzo, ma il poeta ne fece l'opera di tutta la vita. Durante una cena, dopo una lettura di ottave dell'Ariosto, uno dei commensali prese la parola e disse che la scrittura di un poema cavalleresco doveva davvero costare molta fatica al suo autore. Il Forteguerri disse, invece, che non c'era nulla di più semplice che scrivere un poema cavalleresco e promise agli invitati il primo canto di un nuovo poema, per la sera successiva.
Quel poema era "Il Ricciardetto". Letto il primo canto (applauditissimo dai commensali), il poeta proseguì sino a scriverne trenta, che poi rivide, rimaneggiò e corresse, nel giro di parecchi anni.
Approfondendo un episodio del "Furioso" (dove compare il giovane paladino Ricciardetto), il Forteguerri diede briglia sciolta alla sua fantasia e al suo estro burlesco, dimostrando che anche nel Settecento era possibile comporre poemi cavallereschi.
Il poema narra gli amori e le avventure di Ricciardetto e di Despina (saracena, figlia di Scricca, il Re dei Cafri). Scricca, per vendicare la morte di suo figlio, ucciso in duello da Ricciardetto, arma un esercito, invade la Francia e assedia Parigi. Nel poema compaiono tutti gli eroi già cantati dall'Ariosto ma la celebrazione cavalleresca è solo un pretesto. Infatti al Forteguerri interessava flagellare la corruzione ecclesiastica, il nepotismo dei porporati, la depravazione della corte pontificia, perciò infarcì l'opera con episodi aventi per protagonisti frati truffatori, prelati lussuriosi e chierici disonesti.
Tutto ciò, ovviamente, vivacizzato da uno stile brioso e pungente. Il poema, inoltre, è straricco di fantasia, perché fantasiosa e bizzarra era l'immaginazione del Forteguerri. Vi compaiono, infatti, popoli esotici come i Làpponi e gli Etìopi, balene giganti che inghiottono navi e isole, rospi grandi come montagne, capaci di divorare cavalli e cavalieri, nonché molti altri mostri fantastici ben degni della più fervida immaginazione ariostesca.
Assai interessante anche la misoginìa del Forteguerri, caratterizzata da impietosi attacchi satirici contro le donne e contro le letali capacità di seduzione femminile. Insomma, un'opera corposa e interessante, burlesca ma caratterizzata da un riso amaro, assai graffiante ed estremamente mordace nei confronti dell'altro clero della corte pontificia.
Pubblicato da Sonzogno Editore e dall'Istituto Editoriale Italiano, è di scarsa reperibilità ma è un'opera che merita di essere lette conosciuta, così come il suo mordace e satirico autore merita di essere assolutamente riscoperto.
Postremo Vate (scrittore, pubblicista, poeta, saggista, presidente del Circolo Artistico e Letterario Hogwords)
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Proveniente da una illustre famiglia, studiò in scuole gesuitiche e ottenne la laurea in giurisprudenza, a Pisa, nel 1695.
Nello stesso anno si trasferì a Roma, venne ordinato abate e, in seguito, fu nominato canonico di Santa Maria Maggiore e poi cardinale.
Ingegno fantasioso e satirico, il Forteguerri aderì all'Arcadia (la celebre accademia fondata a Roma, nel 1690, dai cortigiani della defunta principessa Cristina di Svezia), nel 1710, con il nome pastorale di Nidalmo Tiseo.
Scrisse liriche boscherecce, carmi amorosi, poesie sacre. Fu affascinato dal teatro classico e tradusse in italiano testi di Euripide e di Terenzio.
La frequentazione dell'ambiente ecclesiastico della Roma dei Papi (frivolo, corrotto, cortigianesco, dove i prelati pensavano più ai banchetti e alle avventure erotiche, piuttosto che alle questioni della Fede e ai problemi dello spirito) non solo lo disgustò parecchio ma acuì la vena satirica del Forteguerri che, dapprima, si mise a fustigare la corruzione degli ecclesiastici e dei porporati nei "Capitoli" (componimenti in terzine dantesche), quindi nella sua opera maggiore, quella per cui ancora oggi è menzionato nelle storie della Letteratura italiana, ovvero, il poema cavalleresco, satirico-burlesco, intitolato "Il Ricciardetto", in trenta canti, in ottave, che venne pubblicato postumo nel 1738, non con il nome dell'Autore ma con lo pseudonimo di Niccolò Carteromaco.
Il poema fu iniziato nel 1716, quasi per scherzo, ma il poeta ne fece l'opera di tutta la vita. Durante una cena, dopo una lettura di ottave dell'Ariosto, uno dei commensali prese la parola e disse che la scrittura di un poema cavalleresco doveva davvero costare molta fatica al suo autore. Il Forteguerri disse, invece, che non c'era nulla di più semplice che scrivere un poema cavalleresco e promise agli invitati il primo canto di un nuovo poema, per la sera successiva.
Quel poema era "Il Ricciardetto". Letto il primo canto (applauditissimo dai commensali), il poeta proseguì sino a scriverne trenta, che poi rivide, rimaneggiò e corresse, nel giro di parecchi anni.
Approfondendo un episodio del "Furioso" (dove compare il giovane paladino Ricciardetto), il Forteguerri diede briglia sciolta alla sua fantasia e al suo estro burlesco, dimostrando che anche nel Settecento era possibile comporre poemi cavallereschi.
Il poema narra gli amori e le avventure di Ricciardetto e di Despina (saracena, figlia di Scricca, il Re dei Cafri). Scricca, per vendicare la morte di suo figlio, ucciso in duello da Ricciardetto, arma un esercito, invade la Francia e assedia Parigi. Nel poema compaiono tutti gli eroi già cantati dall'Ariosto ma la celebrazione cavalleresca è solo un pretesto. Infatti al Forteguerri interessava flagellare la corruzione ecclesiastica, il nepotismo dei porporati, la depravazione della corte pontificia, perciò infarcì l'opera con episodi aventi per protagonisti frati truffatori, prelati lussuriosi e chierici disonesti.
Tutto ciò, ovviamente, vivacizzato da uno stile brioso e pungente. Il poema, inoltre, è straricco di fantasia, perché fantasiosa e bizzarra era l'immaginazione del Forteguerri. Vi compaiono, infatti, popoli esotici come i Làpponi e gli Etìopi, balene giganti che inghiottono navi e isole, rospi grandi come montagne, capaci di divorare cavalli e cavalieri, nonché molti altri mostri fantastici ben degni della più fervida immaginazione ariostesca.
Assai interessante anche la misoginìa del Forteguerri, caratterizzata da impietosi attacchi satirici contro le donne e contro le letali capacità di seduzione femminile. Insomma, un'opera corposa e interessante, burlesca ma caratterizzata da un riso amaro, assai graffiante ed estremamente mordace nei confronti dell'altro clero della corte pontificia.
Pubblicato da Sonzogno Editore e dall'Istituto Editoriale Italiano, è di scarsa reperibilità ma è un'opera che merita di essere lette conosciuta, così come il suo mordace e satirico autore merita di essere assolutamente riscoperto.
Postremo Vate (scrittore, pubblicista, poeta, saggista, presidente del Circolo Artistico e Letterario Hogwords)
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