Intervista a Roberta BonaraTorino è una città strana. Una città decisamente ricca di sorprese. Le piazze larghe e ariose, i lunghi viali alberati, i tanti parchi verdi ricchi di natura e storia. Torino è una città generosa e creativa. Molte anime sensibili, qui, sentono la necessità di far sentire la propria voce agli altri, consci di saper come fare, sicuri di poter raccontare le loro storie e le loro emozioni con la voce del cuore. Incontro la scrittrice Roberta Bonara al tavolino, certo immaginario, di un locale antico e famoso in via Po. Nell'atmosfera di questa irreale quarantena, inizio, senza indugi, l’intervista attraverso lo schermo del computer.
Conosciamoci meglio, chi è, Roberta Bonara? Sono nata a Torino, negli anni del cosiddetto “Baby Boom”, e a parte una piccola parentesi rivolese ho sempre vissuto nella mia città natale. Ho avuto un rapporto con la scuola mediamente buono, senza eccessi né verso il basso né verso l’alto, come dire, senza discese ardite né risalite. Mi sono bastati tre mesi di frequenza alla facoltà di Medicina (allora senza test di ingresso, sennò ciao) per capire che quella che avevo immaginato nei miei sogni di bambina non sarebbe mai potuta diventare la mia professione. E così sono approdata alla ben più congeniale facoltà di Lettere, indirizzo Storia del Cinema, nel già fatiscente Palazzo Nuovo degli anni ’80. Come è nata la sua passione per la scrittura? Riuscire a mettere a fuoco come e quando è davvero difficile perché da sempre scrivere è parte di me: dalle filastrocche scritte nei primi anni di scuola, passando attraverso racconti adolescenziali, e infine ai due romanzi scritti negli ultimi anni. Molte volte ho trovato più facile esprimere via penna, e poi via tastiera, pensieri, emozioni, paure e sogni. L’aver incrociato la mia strada con insegnanti che mi abbiano valorizzato è stata una fortuna, ed ha certamente avuto il suo peso. Quando ha pubblicato il suo primo libro e quali sono state le sue emozioni a tenerlo fra le mani? Nel 2011 con Seneca Edizioni ho pubblicato “Quante storie”, una raccolta di racconti e favole. Averlo tra le mani, vedere il mio nome campeggiare sulla copertina, annusarlo, beh…ero già madre dei miei due figli, e non voglio sembrare blasfema, ma direi che qualcosa in comune con la gioia che mi ha dato guardare e annusare loro c’è stato… Quali sono i motivi per cui lo ha scritto, quali le ispirazioni? Come dicevo, è una raccolta di racconti e favole. Il primo episodio lo raccontava a me bambina una zia che ho amato molto (ed a cui ho dedicato il libro). Altre successive le inventavo per i miei figli e quindi non ho fatto altro che metterle per iscritto. Verso la fine della raccolta ci sono invece racconti rivolti ad un pubblico più adulto. Il denominatore comune è sempre il mio vissuto, che siano ricordi d’infanzia, episodi o persone che hanno fatto parte della mia vita. E poi lascio che la fantasia che certo non mi manca impreziosisca il tutto, come si fa in cucina con le spezie. Ha pubblicato altri libri con quali editori? Nel 2017, insieme ad altre 12 compagne di avventura, abbiamo pubblicato “I colori delle donne” sotto la guida di Rosanna Buttigliero, ex insegnante ormai in pensione che conduce un gruppo di scrittura autobiografica presso uno spazio aggregativo del mio quartiere. Ed è in questa occasione che ho conosciuto Raineri-Vivaldelli Editore, che ha creduto nel progetto a più mani al quale ho partecipato. In quell'occasione ognuna di noi ha scritto un racconto che legasse nei nostri ricordi un particolare colore a certe emozioni. Lì è nata Chiara, la protagonista di ADESSO, il mio primo romanzo, pubblicato con lo stesso editore l’anno successivo. La storia in questo romanzo è raccontata da tre differenti punti di vista. Il primo, e principale, è quello di Chiara: una donna di circa cinquant'anni, sposata da oltre venti con l’amico di infanzia. Hanno due figli un po’ più che adolescenti e un menage che non lascia grande spazio a fantasia e imprevisti. Chiara ha anteposto la famiglia al lavoro, e ora che i figli non hanno più il bisogno fisico della sua presenza i vuoti della coppia sono diventati evidenti.In questo terreno di mancanze e insicurezze Chiara cerca e si mette in contatto attraverso i social media con un vecchio amico delle estati al mare della sua infanzia e pre-adolescenza, con il quale c’era stata all’epoca una simpatia di bambini, mai concretizzata né confessata. Il secondo punto di vista è appunto quello di Luca, un uomo dalle grandi capacità seduttive. Sentimentalmente libero ha alle spalle la fine di una convivenza che ha portato due figli, più giovani di quelli di Chiara e unico vero amore della sua vita. Naturalmente oltre a sé stesso. Narcisista, sofferente per una malattia, provato anche dal dolore emotivo, ma al tempo stesso estremamente sensibile nel cogliere le necessità di Chiara, tanto da andare a segno con disarmante facilità. Il terzo punto di vista è quello di Pietro, il marito di Chiara, che nel momento in cui viene a sapere della relazione di sua moglie vede crollare il suo piccolo mondo fatto di certezze e abitudini. Per una serie di circostanze i due uomini arriveranno ad incontrarsi e ad accordarsi all'insaputa di Chiara sul come fronteggiare e risolvere nel miglior modo possibile (per loro) questo triangolo amoroso del XXI secolo, dove la tecnologia non è solo un mezzo neutro, ma diventa il quarto attore della storia, con le distorsioni inevitabili e la sfrontatezza che si impadronisce dei caratteri quando si è schermati dietro ad un telefono o ad un PC. I suoi cari come si sentono ad avere uno scrittore in casa? I miei figli e i miei genitori sono la mia claque più fedele, sempre presenti alle presentazioni che ho avuto la fortuna di fare in questi anni. Ma non da meno sono le amiche di una vita, le compagne di liceo. Sono loro che guardo negli occhi quando l’emozione di parlare in pubblico tenta di prendere il sopravvento. Quali sono, se può dirlo, i suoi rapporti con la casa editrice? Sono i rapporti tra chi lo fa per professione e chi, come me, per puro diletto. Non conosco a fondo il mondo dell’editoria ma ho la netta impressione che sia, come si usa dire, “un mondo difficile”. È probabile che oggi in Italia ci sia più gente che scrive rispetto a chi legge e quindi posso solo immaginare quali e quante difficoltà possa incontrare una casa editrice a produrre un libro, sia essa di piccole o grandi dimensioni. Si sente di dare qualche consiglio ai lettori ed ai giovani che intraprendono questa carriera? Il consiglio che mi sento di dare non vale solo per ciò di cui stiamo parlando, ma è valido molto più in generale, e più che di consiglio si potrebbe parlare di linea di pensiero. Bisogna credere in ciò che si fa, occorre essere tenaci e non mollare, avere fiducia nelle proprie capacità, ma l’umiltà per accettare critiche e consigli che possano far crescere. Ci parli del futuro. Sta scrivendo o pensando cose nuove? Da qualche mese ho finito il mio secondo romanzo, dal titolo Gilda (Gusto di caffè e nudi), sequel di ADESSO. Andrea, il protagonista, è un uomo di oltre cinquant'anni, trapiantato da qualche anno a Torino, che vive in centro con il suo cane, un terrier di nome Gilda. Anche Chiara, la stessa protagonista di ADESSO, non è più giovanissima. Separata, vive con i suoi due figli, ormai più che adolescenti. Entrambi alle spalle hanno matrimoni e convivenze concluse; entrambi hanno le proprie ferite e mancanze. Ma chi fatica di più a superare una brutta esperienza è la donna, segnata irreversibilmente dall'incontro raccontato nel libro precedente. Si incontrano in una Liguria fuori stagione, molto cara ai torinesi. Si rivedono in città. Un episodio cruento sembra unirli, ma è più difficile di quanto sembri. Gilda, Torino, il caffè e i nudi, i classici cioccolatini torinesi non incartati, fanno da contorno alla storia di due adulti in bilico tra la voglia di crederci e la paura di rischiare. L’ho sottoposto allo stesso editore di ADESSO, che l’ha apprezzato e pertanto ci sono buone probabilità che veda la luce con la stessa casa editrice. In questo periodo purtroppo non ho nulla di concreto su cui lavorare: la quarantena e la conseguente clausura forzata potrebbero essere l’occasione giusta, se non altro perché il tempo davvero non manca. Ma proprio l’isolamento di queste ultime settimane mi mette in una condizione mentale di mancanza di ossigeno. E per scrivere, per sognare, così come per volare, è assolutamente necessario godere di quella leggerezza che solo la libertà può regalare. Ve lo dicevo, Torino è una città speciale, che anima storie, che esplode nelle persone che la vivono. Sostengo da anni che la Magia di Torino non è solo il suo ben noto lato esoterico, in cui peraltro mi sento decisamente a mio agio, ma è la capacità dei suoi abitanti di lottare al meglio in ogni campo, e di riuscire a vincere spesso. Saranno le condizioni particolari, sarà un respiro più umano, interiore, diverso che in altri posti. Forse i lussureggianti locali del centro, i buonissimi cioccolatini o i panorami sempre pronti a regalare emozioni aiutano le persone sensibili a esprimere al meglio i loro sentimenti. Perdendomi tra queste riflessioni, saluto Roberta Bonara, persona speciale e scrittrice di sicuro talento, ringraziandola per la cortesia e per la, seppur virtuale, compagnia. E abbraccio tutti i lettori nella speranza che la clausura finisca, la vita riprenda normale per tutti e che i nostri sguardi possano, di nuovo, veder ben oltre gli schermi piatti, freddi e spesso fuorvianti dei computer. Claudio Calzoni |