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Intervista a Naska, batterista degli Statuto: "...quando Ezio Bosso era Xico, il bassista del nostro gruppo".

La morte di Ezio Bosso, avvenuta in questi giorni, è stata un duro colpo per la musica e la cultura nazionale e ha colpito molto il pubblico italiano, che aveva conosciuto il Maestro per le sue recenti apparizioni televisive. Ezio Bosso, entrato nel mondo musicale giovanissimo, era diventato una star del panorama Culturale italiano ed era amatissimo dal pubblico, ammaliato dall’estro e la profonda comunicativa dell’artista. Dal 2011 conviveva con una grave malattia degenerativa che, pian piano, lo ha costretto alla sedia a rotelle e condotto alla morte alla giovanissima età di 48 anni. La quantità di musica scritta ed eseguita dal maestro, tuttavia, è impressionante. Ha lavorato nell'ambiente musicale scrivendo sinfonie, musiche da film, opere teatrali, pubblicando molti album e conquistando le platee dei teatri di tutto il mondo sia come esecutore sia come direttore d’orchestra.
Il giovane Ezio Bosso, torinese e grande tifoso del Toro, durante gli anni del conservatorio di Via Verdi, dove studiava contrabbasso, passava il tempo libero suonando ska e rock’n roll con gli amici.
Incontriamo Giovanni Deidda detto Nasca, fondatore e batterista storico del gruppo musicale in cui, in quegli anni, il futuro maestro Ezio detto “Chico” o, meglio, Xico suonava il basso elettrico: gli “Statuto”.
Conosco Nasca da molto tempo, da quando, nella mia vita precedente, ho gestito un negozio di elettrodomestici nel quartiere di Santa Rita e servito intere generazioni di abitanti della zona. I ragazzi arrivavano da me, poco più anziano di loro, a fare incetta di cassette audio e video da registrare. Tra tutti, il più elegante e composto, sempre perfetto sulla sua magnifica Vespa super attrezzata, era lui. Quando, dopo qualche anno di gavetta, andò a Sanremo con il gruppo degli Statuto a suonare e cantare “Abbiamo vinto il Festival” mi sentii orgoglioso e, credo, lo fossero anche i suoi genitori, che ricordo con affetto.
In queste ore abbiamo saputo della petizione richiesta alla sindaca di Torino per intitolare un angolo di Piazza Statuto a Xico. Negli anni ottanta in quell'angolo della storica piazza si ritrovavano i ragazzi che s'identificavano nella Cultura Mod torinese. Lì si erano formati gli “Statuto”, che divennero presto uno dei gruppi musicali più importanti della scena torinese e si presentavano come la voce ufficiale del movimento Mod. E in quel gruppo, insieme a Nasca (alla batteria), Oskar (cantante), Bumba (chitarrista) e Junior (alle tastiere), "Xico" Ezio Bosso (al basso) suonò per qualche tempo, partecipando attivamente alla registrazione del loro primo vero album nel 1988: “Vacanze”.
Vorrei, tuttavia, che quel periodo ce lo raccontasse Nasca.

1 Chi erano i mod torinesi e perché si ritrovavano in Piazza Statuto?
Nella domanda si dice chi erano e dove si trovavano come se fosse una cosa del passato. In realtà il movimento Mod a Torino è ancora ben presente e ben radicato in piazza Statuto, è ancora molto attivo e presente nella vita della città. I Mod di Torino erano all'epoca un gruppo di ragazzi ispirati dal film Quadrophenia che era stato ripubblicato da poco in Inghilterra ed era arrivato anche in Italia. Lo spunto per ripercorrere le gesta dei gruppi distintivi inglesi degli anni '60. Il movimento, cerco di farla breve, è stato uno dei primi della Cultura giovanile. Era nato alla fine degli anni '60. Era un movimento di aggregazione dei giovani che si autodeterminavano, si auto imponevano quelli che erano i dettami estetici, i gusti musicali e il modo di vita. Ecco perché il ragazzo Mod cerca sempre di superare le avversità analizzandosi e trovando la risposta in se stesso applicando uno stile molto asciutto, molto pulito e molto elegante, sia dal punto di vista estetico sia da un punto di vista musicale.
La colonna sonora del nostro movimento ha attinto a quella afroamericana degli anni che vanno dalla fine dei '50 ai primi anni '60, la musica ska giamaicana importata dagli immigrati delle colonie inglesi e conosciuta in Inghilterra con sonorità un po' più elettriche.
Ci ritrovavamo in Piazza Statuto perché all'epoca eravamo tutti i ragazzini ed era un posto comodo per trovarsi coi pullman, vista la presenza delle fermate di molte linee. Inoltre non era proprio il centro della città e ci piaceva non essere omologati ad altre compagnie. Ancora adesso ci si ritrova lì, ci sono ancora quelli originali, i primi che hanno iniziato a girare all'epoca e i ragazzi che seguono le nostre gesta. Incredibilmente quindi ci sono tre o quattro generazioni accostate che si frequentano e fanno ancora gruppo in piazza Statuto.

 
Come sono nati gli Statuto?
Perché gli Statuto? Perché comunque in altre città c'erano già altri gruppi che facevano così, che avevano la propria band locale cittadina che amavano e seguivano. Quindi anche a Torino sì pensò di mettere su un gruppetto, visto che Oscar Giammarinaro suonava il contrabbasso e studiava al conservatorio. Ci si riuniva due o tre insieme e bastava avere uno strumento, una chitarra, una batteria. Io iniziai nel gruppo addirittura come chitarrista. La finalità era quella di riuscire a suonare ai raduni, alle serate Mod. Non è che si pensasse di farne niente di più che una band amatoriale. Poi, pian piano, le cose invece si sono evolute tanto da arrivare a 38 anni di carriera. La musica inizialmente appunto era soprattutto lo ska due toni, quello che imperava in Inghilterra, quello dei Madness, degli Special Days Electre che avevano riproposto queste sonorità giamaicane adattandole un po' al gusto della fine anni '70 e dei primi anni '80. Le prime cover che suonavamo erano canzoni inglesi ma le riproponevamo con il testo in italiano, riscritto da noi, testo che non c’entrava nulla con l’originale inglese. Parlavamo di noi, della nostra vita con la musica, con le canzoni che ci piacevano. La nostra peculiarità era che nei primi anni '80 quando tutti i giovani gruppi cantavano in inglese, noi cantavamo i problemi giovanili in italiano. Questa era già una cosa un po' bizzarra vista un po' come una piccola sfida. Allora non capitava spesso e addirittura c'era chi ci guardava un po' con diffidenza.
 
Xico, Ezio Bosso, rimase poco nel gruppo. Ho riascoltato i pezzi di allora. Le parti di basso sono a dir poco geniali e sembra che vi sia molta sintonia tra voi nella sezione ritmica. Perché non suonò più nel gruppo?
Xico iniziò a girare in Piazza Statuto perché era amico di Oscar. Studiavano e suonavano il contrabbasso al conservatorio. Xico era molto più giovane di lui e Oscar si era stufato di suonare il basso e cantare nel gruppo. Visto che c'era questo ragazzo promettente che suonava anche il basso elettrico fu integrato, così... d'ufficio, all'interno della band. Diciamo che lui aveva questa peculiarità già all'epoca, era molto dotato a livello di virtuosismo musicale, che per il nostro genere forse era addirittura un po' esagerato. Lui faceva scale con troppe note e recentemente in un'intervista disse che già allora si ispirava a Bach, che con lo ska ha poco a che fare. Diciamo che lui ha lasciato una testimonianza del suo lavoro con noi nel primo disco degli Statuto, l'album intitolato “Vacanze”. Lì si può apprezzare quello che è stato il suo contributo nella band, tra l'altro in un periodo bellissimo per la carriera degli Statuto. Dopo la registrazione di questo primo disco arrivarono i primi concerti fuori da Torino, i primi tour di respiro Nazionale, ci chiamarono anche in altre città e iniziammo a diventare famosi.
 
Domanda mondana. Dove trascorrevate le serate e le notti quando non suonavate in giro?
Si pensa agli anni '80 torinesi come a una situazione un po' grigia, troppo dominata dalla fabbrica, dai turni di lavoro. In un certo senso era vero ma c'erano anche molti locali connotati alle esigenze del pubblico, certo più di adesso. Allora si potevano trovare le discoteche normali dove andava il pubblico più commerciale e un tot di locali più “underground” che comunque si confacevano ai gusti delle tante realtà delle Culture giovanili che, all'epoca, convivevano a Torino.  Mi ricordo che andavamo al “Tuxedo”, il locale di Via Belfiore, una delle discoteche storiche. Andavamo al “Metrò” di Via Gioberti, allo “UK”, al “Polaroid”. C’erano un sacco di posti che frequentavamo. Secondo me anche musicalmente erano comunque delle fucine interessanti, si ascoltava musica diversa in ogni posto ed erano, in un certo senso, luoghi formativi. Adesso è tutto così omologato e generalizzato. Mi sembra non ci sia più un'identità, un senso di appartenenza, una linea da seguire per i giovani visto che è tutto così standardizzato.
 
La carriera di musicista classico di Ezio è caratterizzata da una grande carica emotiva e passionale, emersa anche nelle recenti registrazioni televisive, a cui si aggiunge una fortissima voglia di raccontare ogni emozione generata dalla musica. Questo ha creato, soprattutto negli ultimi tempi, una empatia particolare del musicista con il pubblico e l’orchestra, superando le difficoltà della malattia. Riconoscevi ancora nell'uomo di oggi il ragazzo di allora?
Ezio ha sempre mantenuto vivo il legame con Piazza Statuto. Ha vissuto qualche anno in Inghilterra poi è venuto a vivere a Bologna ma quando passava da Torino veniva a trovarci. Ha sempre ammesso che gli anni formativi di Piazza Statuto se li è sempre portati dentro. Lui si è sempre definito un Mod. Il Mod rimane così per sempre, diceva. Questo modo di vivere ha contraddistinto la sua esistenza e se l'è portato dietro per tutta la vita. Diciamo che io quando l'ho conosciuto, a metà anni '80, era un ragazzino, aveva 15...16 anni. Lui era del '71 Io l'ho conosciuto verso la metà del 1985. Non posso paragonare il Xico di allora con l’uomo che ci ha lasciati adesso, era troppo piccolo. Però quando l'ho poi ritrovato più o meno a metà anni '90 e ci siamo rivisti, era proprio un'altra persona: maturato, cambiato. Credo che la malattia comunque gli abbia dato questa consapevolezza, questa ulteriore maturità, questa grande spinta all'apertura e all'empatia che era veramente contagiosa. Perché quando parlavi con lui ti sentivi proprio investito da un'energia positiva. Perché comunque aveva sempre una prospettiva diversa e sicuramente inaspettata nel vedere le cose. Ti dava dei suggerimenti che non avevi magari neanche considerato. La sua carica umana ed emotiva era veramente unica. Diciamo che è stata una di quelle persone che in questo momento di bruttura ci ha riconciliato con l'umanità.
 
Quale era secondo te il suo più grande difetto e quale, per contrappasso, la sua più grande qualità?
Non posso parlare di difetti perché quando l'ho conosciuto bene eravamo ragazzini, quindi non posso giudicare. Ti posso dire i tanti pregi invece. Quando l'ho conosciuto e frequentato da grande ho capito che di sicuro lui non era una persona che accettasse compromessi. Ecco, questo di sicuro era il suo pregio. Aveva un suo modo di vedere le cose e lo portava avanti imperterrito.
 
Vedo delle foto recenti che vi ritraggono insieme. Siete rimasti amici nel tempo?
Sì, siamo rimasti amici nel tempo. Ci siamo persi un po' nei primi anni '90, quando i suoi studi lo hanno portato altrove, poi ci siamo ritrovati nei primi anni duemila, ancora prima che lui avesse dei problemi di salute. Quando stava ancora in Inghilterra ogni tanto veniva giù in Italia e ci incontravamo. Già in Inghilterra dirigeva l’orchestra e aveva composto delle opere classiche. Poi ovviamente il boom per il grande pubblico è stato Sanremo. E’ stato un bene che lui da lì in poi venisse anche riconosciuto da un pubblico più nazional-popolare non solo dagli addetti ai lavori e ci sia stata la possibilità per lui di avere questi palcoscenici mediatici televisivi, con gli Special che gli hanno dedicato, dove dirigeva e spiegava la musica. Avvicinava con grazia la gente comune, quelli che non sono avvezzi alla musica classica a questo genere facendo appassionare il pubblico, portandolo verso una musica un po' più colta senza parlare un linguaggio forbito o troppo tecnico, facendosi capire da tutti. La sua carica emotiva, oltre a colpire noi, suoi amici, appassionava tutti. Mancherà molto.
 
 
Vuoi aggiungere un aneddoto simpatico della vostra amicizia?
Un aneddoto che abbiamo ricordato da poco, sorridendone molto. Eravamo al raduno Mod dell'87 a Rimini e lui era venuto giù in Vespa. Dopo una serata passata in un locale, quando usciamo lui inizia a sbraitare “Oh, mamma, mi hanno rubato la Vespa! Non c'è più la Vespa!  Adesso come torno? Come lo dico a mio padre? Questo è un casino, devo ancora finire di pagarla!”.  Insomma, tutto un gran movimento in giro per Rimini quella notte per cercare 'sta Vespa che non saltava fuori dove continuava a ripetere di averla parcheggiata. Eravamo quasi decisi ad andare a far denuncia. Passammo poi una notte d’inferno. Il giorno dopo ci ritroviamo e ci dice “Ma forse non l’avevo parcheggiata in quel posto! Aspetta mi ricordo che forse l'ho parcheggiata dall'altra parte!”. Infatti la Vespa era ancora lì, dalla sera prima. Evidentemente, la serata era stata un po' allegra e lui aveva dimenticato dove l’aveva parcheggiata, facendoci agitare tutti. Ne abbiamo parlato e riso solo un paio di settimane fa, ricordando quei bellissimi tempi dei raduni Mod e della nostra bella e impegnata giovinezza. Se n’è andato troppo presto...
​
Grazie Nasca, per questo particolare ricordo di una persona che resterà nella memoria della Cultura italiana. Una stella che non smetterà mai di brillare e sorridere.
​
Claudio Calzoni


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