Intervista a Stefano Nadalini... da Bologna con amore per il calcio... "Quando il 5 era lo stopper"
Ritornano le interviste della Gazzetta di Hogwords, per la gioia dei nostri appassionati lettori. Oggi ho incontrato uno scrittore della mia terra d'origine, ebbene sì mio papà è bolognese, e sono particolarmente felice di farlo conoscere a tutti voi. Innanzi tutto perché ha condiviso, con la nostra vecchia conoscenza Marco Piano, la stesura di un bel libro sul calcio di altri tempi, "Quando il 5 era lo stopper..." edito da Daniela Piazza a Torino, in secondo luogo perché, conoscendolo, ho ritrovato in lui una grande e spiccata umanità, una simpatia innata ed un forte senso di auto ironia, rarissimo da trovare alle nostre latitudini. Ci siamo incontrati in un piccolo stadio della provincia torinese, approfittando della sua presenza in città, visto che Venerdì 13 sarà impegnato, alle 21 nella presentazione del libro al circolo dei Lettori di via Bogino, con il suo compagno di merende calcistiche Marco Piano e la partecipazione straordinaria del grande giornalista sportivo Darwin Pastorin.
Passeggiando sul campo, reso fangoso dalla brina sciolta ai raggi di un tiepidissimo sole, ci siamo raccontati qualche amena curiosità sportiva, letteraria e, soprattutto, umana. Conosciamoci meglio, chi è Stefano Nadalini? Stefano è un cinquantenne bolognese il quale, rendendosi conto di quanto sia implacabile lo scorrere in avanti del tempo, si diverte a farlo tornare indietro ogniqualvolta gliene capita l’occasione. E una di queste occasioni è rappresentata dal tuffarsi nel mare dei ricordi legati a quel pallone fatto ad esagoni bianchi e pentagoni neri. Come nasce la tua passione per la scrittura? Per contagio. Siccome il nostro amico in comune Marco Piano non poteva trasmettermi la sua passione per una Vecchia Signora, mi ha trasmesso quella per una vecchia arte quale la scrittura. Leggendo la sua prima opera intitolata “Appunti di viaggio”, ho respirato intensamente quell'atmosfera del “come eravamo” vissuta all'epoca con i miei amici a Vado, un piccolo paese ai piedi dell'appennino bolognese. Al mio entusiasmo per la lettura, ha fatto eco quello di Marco per la recensione ricevuta dal sottoscritto, e dall'unione dei nostri entusiasmi è nato questo libro. Il libro di cui stiamo parlando, rappresenta la tua opera prima. Quali sono state le tue emozioni provate una volta che hai finalmente potuto tenerlo per tra le mani? Vedere i nostri ricordi racchiusi tutti assieme all'interno di una copertina recante la foto di una celebre rovesciata di Gigi Riva, mi ha dato la stessa meraviglia provata da qualsiasi appassionato di calcio nell'ammirare quella fantastica prodezza di Rombo di Tuono. Tengo però a precisare che, in tutte le avventure della mia vita, più che la meta mi affascina il viaggio. Se quello che provo durante l'inseguimento di un obbiettivo mi regala emozioni, allora riesco comunque ad accettare l'eventuale sconfitta, abituale compagna di un perdente cronico come il sottoscritto. Per mia fortuna, il mio compagno di penna è tifoso di una squadra vincente, ed altrettanto vincente si è rivelato questo suo progetto. Quali sono i motivi e le ispirazioni che ti hanno portato a scrivere questo libro? L'unico motivo per cui ho deciso di imbarcarmi in questa avventura, è stato il sogno di poter festeggiare il mio mezzo secolo di vita in maniera originale, dando qualcosa ai tanti amici che, spesso senza accorgersene, mi hanno insegnato a stare al mondo. La principale fonte di ispirazione è invece rappresentata dal mio compagno di penna. Utilizzando un paragone calcistico, dico spesso che se io e Marco, anziché nascere rispettivamente a Bologna e a Torino, fossimo nati a Roma, a seconda della sponda calcistica, lui come scrittore sarebbe Vincenzo D'Amico o Bruno Conti, ovvero colui capace di tirare fuori la giocata geniale, mentre io sarei Giorgio Chinaglia o Roberto Pruzzo, i quali si avventano con impeto sul quel pallone per spingerlo in fondo alla rete. Come si sentono i tuoi cari ad avere uno scrittore in casa? I miei cari uno scrittore in casa ce l'hanno non solo in senso metaforico, poiché io, da incallito bambaccione, vivo ancora assieme ai miei genitori. Essi hanno quindi assistito alle mie regate nel mare delle lettere, spero terminate in orari da Gigi Marzullo. Avendomi messo al mondo, sanno che quando mi metto in testa un'idea la inseguo con assoluta cocciutaggine. E anche se durante il percorso talvolta mi hanno preso in giro, alla fine sono contenti per me che questo progetto sia andato in porto. Quanto è importante il tuo rapporto personale con lo sport e con tutto il mondo che ruota attorno alle discipline sportive nella tua opera di scrittore? Mio padre è riuscito a trasmettermi la passione per lo sport ed i suoi valori educativi fondamentali nel percorso di crescita di un ragazzo. Il problema sorge quando alcune componenti esterne instaurano un rapporto sbagliato con il mondo dello sport. Ad esempio, il business è sicuramente necessario affinché il sistema riesca a reggersi economicamente, ma non può arricchire giocatori, allenatori e procuratori creando un debito mostruoso al sistema. Anche la politica deve fare la sua parte, ma quando entra nelle curve dei tifosi le sporca e quando si intromette negli appalti per le grandi infrastrutture spesso genera corruzione. La televisione resta ancora il principale mezzo attraverso cui diffondere lo spettacolo, ma per fare questo non deve svuotare gli stadi imponendo orari assurdi di svolgimento delle partite. Il nostro libro rappresenta una serie di racconti, appartenenti ad un'epoca in cui l'aspetto predominante nello sport era ancora quello agonistico. Uno dei fili conduttori dell'opera è la tua avversione nei confronti della Juventus. Il sottoscritto, in qualità di scrittore del libro “I luoghi del Toro”, può chiederti la tua opinione sulla mia squadra del cuore? Quando vado allo stadio a Bologna, faccio il tifo per la squadra di calcio che rappresenta la mia città. Ma a pensarci bene, questa caratteristica appartiene a quasi tutte le società, Il Toro, invece, ha significato molto di più: una leggenda vinta solo dal destino, la voglia di rialzarsi di un paese in macerie nel dopoguerra, il desiderio di riscatto degli operai nella sfida stracittadina contro la squadra del padrone della fabbrica. Tutto questo non deve essere confuso con l'andazzo osceno del calcio moderno, nessun business può trasformare in un affare gli ideali che fanno pulsare il cuore della curva Maratona. Quella maglia gloriosa non merita di essere indossata da mercenari, maldestramente celati dietro un'accozzaglia di retorica. E' giusto sostenere la squadra affinché torni ad avere risultati maggiormente degni della storia di questa società, ma credo che i supporter del Toro debbano, prima di tutto, battersi per conservare il loro privilegio più importante: quello di entrare allo stadio consapevoli di tifare qualcosa di unico. Quali sono i tuoi rapporti con la casa editrice? Con la casa editrice Daniela Piazza di Torino, per ragioni logistiche, ho un rapporto a distanza. L'entusiasmo dello scrittore nel far conoscere la propria opera è sicuramente una componente fondamentale, ma non deve far mai dimenticare le responsabilità organizzative a carico dell'editore. Se la scrittura può anche essere un hobby, la pubblicazione certamente no. Tengo comunque puntualmente aggiornata Daniela sulle mie numerose iniziative promozionali in terra emiliana e lei mi ringrazia, dicendosi anche divertita. La prima tiratura è andata esaurita, ora collaboriamo con Daniela per azzerare anche le copie della ristampa. Hai qualche consiglio da dare ai lettori ed ai giovani che intraprendono questa carriera? Ci mancherebbe che, dopo un solo libro all'attivo in carriera, mi sentissi un guru della scrittura, in grado di dare insegnamenti a chi si avvicina per la prima volta a questo mondo. Invito solo i giovani, in generale, a liberarsi dalla dipendenza morbosa dai supporti tecnologici, per dedicare più tempo a ritrovarsi fisicamente in compagnia tra di loro, a vivere esperienze, a coltivare passioni, E' la stessa differenza tra giocare a tennis contro un muro o contro un avversario vero, più o meno del tuo livello: il divertimento e l'arricchimento umano sono imparagonabili. Se vivi la vita, è più facile che avrai una storia da raccontare, idee da confrontare, fantasie da costruire. Tutte cose che, magari, ti faranno venir voglia di metterle in un libro. Nel libro parli del passato, ma ora parliamo del futuro. Stai scrivendo, pensando e realizzando cose nuove? Visti i lusinghieri risultati in termini di vendite e, soprattutto, di gradimento da parte dei lettori, io e Marco stiamo ancora dedicando tutte le nostre energie a questo libro che ci sta regalando grandi soddisfazioni, alcune addirittura inimmaginabili. Marco si dice sicuro del fatto che torneremo a scrivere qualcosa assieme, mentre io sono convinto esattamente del contrario. Calcisticamente parlando, lui è il vincente ed io lo sconfitto; ebbene, in questa nuova scommessa fatta da Marco, sarei felicissimo di uscire perdente. Il sole è tramontato, la squadra locale ha iniziato l'allenamento sotto due riflettori che illuminano poco meno di metà campo. I ragazzi, non tutti così giovani, corrono sorridenti al freddo. Qualcuno calcia il pallone che, umido, diventa pesante come un sasso. Il calcio è questo: corsa, sacrificio, impegno, allenamento, spesso solo divertimento. Il denaro, la fama, l'illusione o la gloria sono lontani da questo prato. Meglio. Il calcio che ci piace, che ci piaceva, è quello rimasto nei nostri cuori, nei nostri sogni di bambini, quello, in fondo, di "Quando il 5 era lo stopper"... Claudio Calzoni |