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Incontro con la Poetessa Alessandra Paganardi



Incontro Alessandra Paganardi ai piedi dell’ampia e maestosa scalinata neoclassica che porta al piano nobile, verso il Salone delle Feste del Palazzo della Luce di Torino, sede prestigiosa e importante della consegna dei Premi del Concorso Letterario promosso dalla Associazione Arte Città Amica di Torino. Io, in versione professionale, pronto a proporre l’intervista, lei, raggiante ed elegantissima, nella veste di Vincitrice del premio della Poesia nella sezione  "editi". Il Palazzo della Luce, sede storica della Società dell’Energia Elettrica, e ancor prima della Eiar, antesignana della Rai, accoglie la nostra conversazione con delicatezza sabauda e nobile maestosità, trasformando la Torino di un sabato di Ottobre del 2019 nella antica capitale rispettosa, silenziosa e poetica dell’ottocento.

Conosciamoci meglio, chi è, nel complesso, Alessandra Paganardi?

Sono nata a Milano lo stesso giorno, mese e anno in cui John F. Kennedy moriva assassinato a Dallas. Ho studiato a Milano al Liceo Ginnasio Berchet e poi all’Università di Pavia, alunna per merito del Collegio Ghislieri. Nella vita, oltre ad avere due figli – Mario e Alberto, che hanno terminato i loro studi universitari e sono agli esordi delle loro carriere - faccio l’insegnante di Filosofia e Scienze Umane al Liceo Agnesi di Milano.

Come è nata la passione per la scrittura?

Molto presto. Imparai a leggere e scrivere a quattro anni da mia sorella che ne aveva nove che purtroppo è mancata prematuramente e che vorrei qui ricordare. Andai a scuola già in grado di leggere e scrivere: avevo molto tempo libero e lo impiegai in un racconto lungo, scritto sulla Lettera 23 regalatami da mio nonno materno, che di mestiere faceva il meccanico per Olivetti e riceveva in regalo le macchine da scrivere dismesse. Il racconto, ovviamente autoprodotto, si intitola Primavera di vita ed è tuttora in mio possesso, come i tre o quattro che seguirono negli anni successivi. Ho iniziato con un amore appassionato per la prosa, che si è poi evoluto in amore per la saggistica, con qualche incursione nella narrativa. Poi, verso i dieci anni, la buona abitudine di studiare i testi a memoria a scuola mi fece conoscere Pascoli, Carducci, Tagore, Neruda, Leopardi. Sin dall’inizio la Poesia mi parve un modo diverso di guardare l'esistenza e di ricostruirla, anche se ovviamente non sapevo spiegarlo in questi termini. Vedevo nella Poesia un mondo diverso da quello che incontravo tutti i giorni a casa e a scuola: una storia non irreale, come erano state invece le fiabe di pochi anni prima, ma persino più reale della realtà, più concreta, più sensata, dove odori, sapori e colori erano come “al massimo” e dove le parole trovavano il loro giusto significato. Fin dalle Scuole Medie annotavo i testi di Letteratura con noticine tutte mie, ispirate a quelle già esistenti o, più spesso, in contrasto con esse. Poi, a circa quattordici anni, mentre frequentavo la quarta ginnasio al Liceo Berchet, è arrivata la Poesia. Inizialmente erano frasi che mi giravano in testa, come brevi messaggi di incerta provenienza. Pian piano ci ho lavorato sopra, ho dato loro un ritmo e sono nate le prime Poesie vere. A circa 17 anni, nel 1981, fui segnalata a uno fra i pochissimi concorsi allora organizzati per liceali: il premio “Ciro Coppola” per lo studente italiano. La sede era Ischia e andai là, accompagnata da mia sorella, che stava per completare i suoi studi di Medicina. Fu il mio primo viaggio in aereo.

Quando ha pubblicato il suo primo libro e quali sono state le sue emozioni a tenerlo fra le mani?

Se non contiamo quello che chiamo il “libro zero” – una silloge uscita per un editore pirata che non voglio ricordare, e che racchiudeva tutte le poesie giovanili – il primo libro uscì per la Joker nel 2005. Si intitolava Ospite che verrai e mi diede la soddisfazione di una ristampa quasi immediata. La prefazione era di Gabriela Fantato, che nel frattempo avevo conosciuto e che mi aveva invitata in Redazione alla “Mosca di Milano”, una rivista che uscì fino al 2011 circa e che promuoveva l’incontro fra varie forme di Arte, Cultura e pensiero. Fino alla fine rimasi in Redazione e la considero tuttora un’esperienza fondante per la mia ricerca. Ricordo una sola emozione: il forte desiderio di scrivere altri libri sempre più riusciti (che significa per me autentici, riconoscibili come appartenenti a quell’autore e non a un altro).

L'ultimo suo libro pubblicato si intitola? Quali sono i motivi per cui lo ha scritto, quali le ispirazioni? Ha pubblicato altri libri?

Rispondo prima all’ultima domanda. Ho pubblicato altri tre libri di poesia (Tempo reale, Joker 2008, La pazienza dell’inverno, Puntoacapo 2013, e l’ultimo: La regola dell’orizzonte, 2019) e uno di critica, Lo sguardo dello stupore (Viennepierre 2005), che con mia sorpresa entrò nella cinquina del premio Nabokov qualche tempo dopo. Oltre a numerose recensioni, prefazioni e saggi, usciti su riviste (fra le quali Il segnale, Poesia, Gradiva, Italian Poetry Review) e a partecipare a vari reading e a ottenere premi che mi hanno dato molta soddisfazione, come Europa in versi per l’inedito, nel 2016, e San Domenichino per l’edito, nel 2009. Mi sono anche occupata di narrativa, seppur marginalmente. Nel 2008 ho pubblicato un racconto su Milano in un’antologia curata da un editore romano e recentemente ho vinto il premio Lago Gerundo per un racconto che tratta di una tematica molto delicata, l’omofobia. Sono di prossima pubblicazione per l’editore Morellini tutti i tre racconti che ho presentato al concorso. Anche il genere aforistico mi affascina: sono membro dell’Associazione AIPLA di Torino, fondata da Anna Antolisei ed è uscita per Joker nel 2012, oltre a vari testi sparsi in antologie, la mia raccolta Breviario, che credo si possa leggere in rete in PDF – così come alcuni libri precedenti.
 

I suoi cari come si sentono ad avere una scrittrice in casa?

Ho pubblicato relativamente tardi, pur scrivendo quasi da sempre, proprio perché nel mio ambiente socioculturale laborioso e un po’ “calvinista” – padre dirigente industriale, madre con la passione della lettura e qualche ambizione Letteraria nel cassetto – scrivere “sul serio” e per passione era considerata una specie di malattia infantile. Erano altri tempi, del resto: non c’era la rete e se non si aveva la fortuna di conoscere qualche Editore, scrittore o professore universitario interessato all’argomento, non era facile pubblicare da giovani. Quanto a mio marito e ai miei figli, dopo tanti anni trascorsi insieme, ora sostengono la mia passione, anche se non la condividono. Credo che a volte, quando mi sentono alzarmi a orari benedettini (non capita sempre, naturalmente!!!) per scrivere o lavorare sui testi dopo le ore indispensabili di sonno, debbano avere anche un po’ di pazienza. Così come con i malumori e la fatica, che chi scrive – e voglia sempre migliorare – necessariamente sperimenta sulla propria pelle, perché la scrittura non è affatto una terapia, come qualcuno sostiene: è un’attività che richiede un immenso dispendio di energie intellettuali ed emotive. Fatalmente, tutto questo viene proiettato sul proprio ambiente domestico.

Quali sono i suoi rapporti con le Case Editrici?

Ho una famiglia editoriale, che è la Puntoacapo di Novi Ligure. Una Casa Editrice piccola, giovane e agguerrita, diretta da due persone eccezionali: la proprietaria Cristina Daglio, una manager con una grande sensibilità per la lettura e il direttore editoriale Mauro Ferrari, Saggista e Poeta. Li ho conosciuti ai tempi della Mosca di Milano e sono diventati, oltre che i miei Editori, miei cari amici. Ho l’onore di far parte della loro squadra, oltre che come autrice anche come collaboratrice. Non so se li baratterei mai con un’altra casa, con un’altra famiglia.

Ha qualche consiglio da dare ai lettori e ai giovani che intraprendono questa carriera?

Leggete molto, sempre e di tutto. Il verso è immagine, ritmo e anche profonda razionalità: lo scrisse Ezra Pound. Bisogna trovare la propria formula, che è pericolosamente personale. Deve avere tutti e tre gli ingredienti (la fanopea, la melopea, la logopea) ma nessuno può permettersi di prescriverne in anticipo la ricetta e le proporzioni. Io per esempio amo da sempre l’endecasillabo e il settenario ma non li suggerirei mai come formula fissa, neppure a me stessa: meglio utilizzare a volte versi un po’ più distonici, se questo serve a far fiorire un’immagine o un pensiero da non sacrificare. Nel mio ultimo libro La regola dell’orizzonte lo faccio spesso e infatti Giancarlo Pontiggia, nella sua nota critica sul libro, ha scritto di una parola che “pare sempre sull’orlo di scomporsi”.

Ci parli del futuro. Sta scrivendo o pensando cose nuove?

Ultimamente ho in cantiere un paio di racconti e, in poesia, ho scoperto la forma chiusa: sonetti a volte rimati, a volte sciolti, ma sempre della misura di quattordici versi. Forse essere stata in giuria per due Premi (il Gozzano fino a un paio d’anni fa, ora il Premio internazionale Gradiva) ha ulteriormente affinato il mio orecchio per il verso. Dopo e oltre i maestri classici continuamente riletti – alcuni di loro, ma solo alcuni, sono stati per me Rimbaud, Mallarmé, Celan, Cvaeteva, Achmatova, Plath, Pavese, Pascoli, Sbarbaro, Penna, Caproni – imparo tutti i giorni dagli autori giovani e meno giovani, che scopro leggendo continuamente la loro Poesia. Comunque si voglia dire, questo è il lato positivo della rete. Il segreto, anche in questa attività, è imparare ogni giorno qualcosa da tutti e incoraggiare i talenti nuovi, soprattutto quelli che credono poco in se stessi. Per questo, dopo molti anni che lo desideravo, ho aperto una sorta di cenacolo in un piccolo appartamento in zona sud di Milano, dove una volta circa al mese ospito voci poetiche poco note di varie tendenze e generazioni.  E proprio ai giovani vorrei dire ancora: se avete questa passione, pensateci bene prima di farne un mestiere. La Poesia si nutre di vita, oltre che di libri, e ha due soli vincoli: l’autenticità e la libertà. Siate autentici, liberi, e anche un po’ pazzi… ma credo che questo, all’incirca, l’abbia detto qualcun altro ben più grande di me. Io mi permetto semplicemente di applicare questa formula, facile da pronunciare e difficilissima da applicare, a ciò che più amo.

Un bel pomeriggio, intriso di cultura, soddisfazione, personalità e tanti addetti ai lavori quello trascorso al Palazzo della Luce in compagnia degli amici di Arte Città Amica e dei partecipanti, dei vincitori dei vari premi consegnati. Conoscere Alessandra Paganardi è stato un piacere, speriamo che le nostre digressioni Letterarie e poetiche possano sempre trovare luoghi come questo...
Grazie all'Autore della foto Alessandro Magherini.

​Claudio Calzoni


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