Pasqua significa uscita dalla schiavitù dell’Egitto verso la terra promessa. Questo passaggio di sofferenza e privazioni per gli Ebrei guidati da Mosè durò 40 anni nel deserto. Tra il punto di partenza e quello di arrivo c’è un intermezzo di spazio e di tempo notevole: il deserto fisico e interiore. Penso sia ciò che stiamo vivendo tutti in questo tempo: siamo usciti da certezze, abitudini, sicurezze, stabilità e siamo stati catapultati nel deserto. La nostra difficoltà in questo momento di covid-19 è che non vediamo la meta; non ci è neanche stato chiesto se fossimo stati d’accordo, se volevamo, se eravamo preparati, se lo desideravamo. Questo virus ci ha colti di sorpresa, totalmente impreparati ma abbiamo dovuto incamminarci per forza. Come il popolo ebreo nel deserto abbiamo avuto molte reazioni... Perché lasciare? Come era meglio prima! Come erano buone le cipolle d’Egitto (anche se schiavi)! Ma dove andremo? Dove ci porterà questa situazione? Come arriveremo? Forse qualcuno più ottimista avrà congelato questi pensieri per proiettarsi nel futuro. In ogni caso la realtà quest’anno ci ha sorpresi, sconcertati, destabilizzati, ha fatto emergere chi siamo veramente, le nostre paure più nascoste e forse anche impensabili ma anche le nostre capacità di reazione, di affrontare le situazioni nuove, di rimettersi in gioco o di brontolare rivelando chi siamo veramente ai nostri occhi prima ancora che agli occhi altrui. Forse qualcuno all’inizio della pandemia avrà pensato che per Pasqua tutto si sarebbe concluso. Non è stato così. E allora la meta non sarà raggiunta? Penso che, pur restando tutta la tragica realtà della sofferenza, la Pasqua è in noi, è ritrovare chi siamo, riscoprire le nostre autentiche radici e far resuscitare in noi quelle positività e potenzialità che avevamo tacitato a causa dei tanti impegni lavorativi, di relazione o di svago. Per me, credente, è scoprire in me l’Amore del mio Dio che per Amore ha sacrificato il suo Unigenito per donarmi una Vita Nuova. Per me Pasqua è Gesù Cristo che si è incarnato, ha vissuto la sua vita umana, ha evangelizzato ed è morto in croce per me ma è risorto, è vivo ed è in mezzo a noi. È Gesù la mia Pasqua in questo tempo e in ogni tempo. Allora, nonostante tutto, io grido il mio sì alla vita, all’amore, alla gioia e seguo l’indicazione del salmista: “È bene aspettare in silenzio la salvezza del Signore” (Lam.3,26).