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Io, il Toro e Gustavo Rol. Intervista a Domenico Marino.

Tra le molte persone che ho conosciuto durante gli anni di lavoro nel quartiere torinese di Santa Rita ho avuto l'onore e la fortuna di incontrare Domenico Marino. Quello che ci accomuna è il senso di appartenenza al mondo artistico ed è certo che tra noi è subito sorta un'empatia cementata in pochi ma intensi discorsi su grandi temi filosofici e spirituali,  intervallati spesso da disquisizioni calcistiche sulle disavventure della squadra tifata da entrambi. Sono felice quindi di incontrare Domenico Marino e fare entrare i lettori in contatto, visti gli studi e le passioni del nostro intervistato, con uno dei più enigmatici e sensazionali personaggi del mondo magico e meraviglioso della città sabauda, Gustavo Adolfo Rol.

Conosciamoci meglio, chi è Domenico Marino? Ci disegni il suo autoritratto.
Che bello essere qui con Voi, grazie, grazie di Cuore.
Chi sono? E chi lo sa perfettamente? Mi piacque molto una definizione del Gesuita, filosofo Pierre Teilhard De Chardin: noi siamo esseri spirituali che vivono un’esperienza umana.
Di sicuro, volgendo lo sguardo all’indietro (nasco a Torino nel 1954) direi di essere stato un ragazzo fortunato, che ha vissuto un’infanzia semplice e felice nei cortili di corso Giambone, nel diamante di baseball di via Passo Boule, nei campi da tennis dell’allora Centro Sportivo FIAT di via Guala, al Filadelfia e con una famiglia ed amici meravigliosi. In pochi km quadrati c’era tutto! 
Operaio, figlio di operai, il gioco e le varie condivisioni tra i condomini, erano l’ossatura centrale della giornata e della nostra educazione civica e morale.
Direi che ogni pianerottolo di casa era un mondo tutto da esplorare, con profumi e sensibilità che oggi più che mai definirei di rara bellezza e profondità.
 
Qual è, attualmente, la definizione di sé stesso che preferisce?
Essendo in pensione da quattro anni, azzarderei: “un Contadino che coltiva le proprie passioni”.
Le definizioni, soprattutto di sé stessi, costituiscono materia ostile e poco praticata sia nei miei confronti che verso il prossimo. 
Pertanto, riporto sottovoce quella che altri mi hanno generosamente attribuito e che mi fa piacere: "un creativo". 

Lei è uno scultore, un poeta, un pittore, un artista. Come ha scoperto questa sua propensione all'arte e come è riuscito a coniugarla alla vita di tutti i giorni?
Ho esplorato ed esploro la passione innata per l’oltre, per la ricerca continua di nuove conoscenze, per immergermi nelle altrui arti. E poi la pratica del disegno, la pittura, la fotografia, piccole sculture, installazioni come "L’Angelo di Strada" (cassonetto della spazzatura rivisitato in Angelo che aiuta chi vive sulla strada ...visto che gli scarti di chi ha tutto possono essere una risorsa per chi ha bisogno di tutto) esposto nelle Biblioteche Civiche di Torino e messo, successivamente in scena, in una Chiesa sconsacrata di Pianezza. E tutte quelle forme di espressione che si sono avvicendate e che ricerco sempre ogni giorno di più anche nelle singole persone, che rappresentano a volte immense fonti con le quali condividere profumi comuni. La vita, soprattutto quella lavorativa, mi ha condotto spesso ad operare su piani diversi. Dalla catena di montaggio della 128 a Rivalta, per passare poi ad esperienze tecniche, amministrative, commerciali, logistiche che, apparentemente, poco avevano da spartire con la passione per l’arte nelle sue varie manifestazioni. Ed ecco allora che ho cercato di vivere queste esperienze aggiungendo sempre una pennellata di creatività anche dove sembrava che essa latitasse profondamente.
 
Entriamo in un tema calcistico-sociologico. So che la sua squadra del cuore è il Torino, come spiegherebbe a chi non sa nulla del calcio ed a chi non vive la realtà torinese questa sua scelta di parte?
Granata in tre semplici “click”.
Ero piccolino quando Papà, tifosissimo del Grande Torino e del Toro (anche un po’ della Viola) mi accompagnava a vedere gli allenamenti al Fila. In qualche modo una scelta indotta.
Divenne poi una scelta senziente, quando in classe mi ritrovavo sempre in minoranza calcistica e questo mi fece appassionare ancor di più ad i colori Granata, contribuendo inoltre, a sviluppare una sempre maggior simpatia sociale per gli “Indiani" piuttosto che per i “Cowboy”, rivelatasi poi una cosiddetta scelta di vita. 
Scelta che si rafforzò in modo definitivo, quando al Fila, Paolino Pulici, stoppò non un pallone ma l’allenamento, precipitandosi sugli spalti ove mio zio Teresio si era sentito male, stando con lui e mia zia Milena, sino all’arrivo dei medici. Quel gesto mi fece capire molte cose...
Nel tempo le mie coronarie si sono poi evolute in Toronarie, condizione indispensabile per affrontare le ardue avventure calcistiche di questa squadra folle e mitica. Condivido la mia passione per il Toro, anche se a distanza, principalmente con la mia amata sorella Carmen, con suo marito ed i miei nipoti, e con la nostra novantaquattrenne mamma Andreina. Insomma, la nostra è veramente una famiglia granata!  
 
Lei è una persona molto sensibile. Questa peculiarità è stata una delle ragioni per cui si è avvicinato ed ha approfondito gli studi della figura di uno dei personaggi più incredibili della storia della città, quel Gustavo Rol di cui tanto si continua a discutere anche a molti anni dalla morte. Può presentare ai nostri lettori questo misterioso, famoso e umilissimo “Uomo d'Altri Tempi” e raccontare a tutti qualcosa di speciale su di lui?
Premetto di non avere mai conosciuto personalmente Gustavo Adolfo Rol (che chiamerò successivamente per brevità, Rol) e di non essere mai stato a conoscenza della sua esistenza in città, sino all’inizio del 2005, undici anni dopo la sua morte.
In quell'anno incappai in un libro di Renzo Allegri che mi incuriosì. Pochi giorni dopo lessi un saggio di Maria Luisa Giordano ed in maggio mi ritrovai immerso nei dipinti e nell'osservazione di molti oggetti collezionati da Rol, emozionalmente e magistralmente esposti al Castello di Guarene, casualmente nell’ultima domenica della mostra. Da lì in avanti un effluvio di emozioni, di mille letture, approfondimenti e, soprattutto, di tante conoscenze di persone che ebbero modo di frequentarlo. Amicizie ed esperienze bellissime. Come è stato riportato in due libri della cara Maria Luisa Giordano “Gustavo Rol: Arte e prodigio” e l’ultimo, “Il salotto di Rol”, affermo che in un certo senso anche io ho ricevuto un apporto da questo fantastico personaggio. In un ideale filo, quello di una bellissima collana di perle, ho conosciuto alcune persone che hanno camminato per una parte della loro vita affianco a Rol: Maria Luisa e Gigi Giordano, Giovanna Demeglio e sua figlia Simona, Giuditta Miscioscia, Arturo Bergandi, Giulia Peyrano, Chiara Barbieri, Pier Giorgio Manera, Giuseppe Vercelli, Gilda Provera, Carla Perotti. È così che dal 2005, di tanto in tanto, la collana si arricchisce di nuove gemme. Persone che mi hanno aperto i loro cuori e le loro case, dimore in cui ho avuto anche il piacere di ascoltare i loro coinvolgenti racconti su lui e di ammirare direttamente i suoi dipinti, come le “Rose”, i “paesaggi di San Secondo di Pinerolo”, e tanti altri. Per il ventennale della morte di Rol (22 settembre 2014) la Famiglia Giordano, Chiara Barbieri e Giovanna Demeglio mi chiesero un aiuto nel disbrigo delle pratiche burocratiche relative alla targa commemorativa poi apposta nella sua ultima abitazione di via Silvio Pellico 31. Ma un giorno Marialuisa Giordano mi chiese, ma tu cosa scriveresti nella targa? Caddi nel panico più totale. Ed ecco che i racconti su di Lui si materializzavano nella mia mente. Mi sarebbe piaciuto sintetizzarli tutti. Ma come potevo fare? Il giorno dopo lessi al telefono a Maria Luisa la frase: l’uomo dell’im-possibile e dell’in-credibile, una “luce” costante nella nostra vita. Argomentando il tutto, dicendo che per me poteva essere la sintesi tra l’uomo aristocratico ma semplice e quotidiano del quartiere San Salvario e l’altro Rol, il personaggio enigmatico e sensazionale, frequentato da persone di spicco e di livello internazionale, che emanava ed emana ancora la sua vivida luce oltre i canonici confini spazio-tempo. Dall’altra parte del telefono il silenzio più assoluto. Ecco Domenico, pensai tra me, potevi star zitto, lasciar perdere, proprio tu che non lo hai mai conosciuto. La risposta arrivò dopo qualche eterno istante: Domenico miglior sintesi non poteva essere fatta su di Lui, sottopongo a tutti e poi ti dico. E così furono poi riportate queste due righe sulla targa marmorea ora esposta. 
So di non scontentare nessuno nel dire che la mia lunga frequentazione di una delle persone che visse per molti anni a stretto contatto con Rol mi influenzò moltissimo in tale sintesi. Arturo Bergandi, che Rol soprannominava Bergandone, persona di fiducia e quasi il factotum di casa, è stato per me un nonno aggiuntivo, quello che mi ha raccontato tutto di Rol e che, immaginariamente, nei suoi racconti mi accompagnava in casa sua. Mi ha fatto vivere il quotidiano della dimora di Rol: il lavoro della sostituzione di qualcuna delle tante lampadine degli splendidi lampadari; i tanti dialoghi in piemontese, pardon, in Torinese, tra loro; il mettere in ordine uno dei salotti per la serata con gli amici e gli ospiti importanti; l’andare a comperare i colori ad olio e le tele per il maestro; prendere una bottiglia un po’ speciale in cantina. Inoltre, emergeva sempre nei suoi racconti la figura di Elna. Elena Resch-Knudsen l’amata moglie di Rol, norvegese, nobile di rango ma soprattutto di fatto. A volte era Lei a preparare per Arturo l’Aperol con i biscottini secchi. Era molto affezionata ad Arturo e viceversa. E la colonna sonora di casa Rol era sempre la stessa, lo squillo del telefono, accessibile a tutti, visto che il numero era presente sull’elenco telefonico. 
Il resto è sui libri, nei convegni, sui media. 
Fautori, detrattori, classificatori, un giorno passeggeranno cordialmente tutti insieme al Valentino. Come faceva Rol con Fellini. Cordialmente e con simpatia, come avrebbe chiesto e voluto, molto umilmente, Lui.
 
Visto che la Gazzetta è l’organo di informazione ufficiale delle Edizioni Hogwords, ed ha lettori molto interessati al rapporto che si instaura tra i personaggi intervistati e le loro opere, entriamo a gamba tesa nella sua storia personale: ha mai pubblicato, a suo nome o in collaborazione con altri autori, dei libri? Oltre a elencarci titoli e argomenti trattati ci può dire quali sono state le sue sensazioni a vedere stampate le sue parole, le sue idee, sulla carta?
Recentemente un’amica, Arianna Romano, ha scritto un bellissimo libro che si intitola, “Storie Dai Regni del Sogno (favole per crescere, favole per guarire)” con i disegni di Alice Chisotti e mi ha chiesto di pubblicare in copertina un mio disegno che l’aveva, tempo fa, particolarmente colpita. Un acrilico e matita su cartoncino da spolvero che attinge da due emozioni estrapolate, indegnamente, da alcuni quadri di Rol e che rappresenta delle rose da giardino che sostengono la passeggiata di Rol ed Elna, una passeggiata che Lui dipinse nelle stradine bianche di San Secondo di Pinerolo. Vedere il mio disegno sulla copertina di un libro è stata una soddisfazione immensa, Rol mi scuserà, ne sono certo.
 
I suoi cari come si sentono ad avere un artista che è, o che diventerà, famoso e gira per casa?
Le prime idee, i primi bozzetti li condivido sempre con loro e molte volte correggo il tiro grazie ad i loro preziosi suggerimenti. I campioni in casa sono loro, mia moglie Emanuela e nostro figlio Umberto.
 
Si sente di dare qualche consiglio o avvertimento ai giovani che si apprestano ad incontrare con le letture e gli approfondimenti il personaggio di Gustavo Rol?
Si, mi permetto di suggerire di leggere i molti libri che sono stati scritti su Rol, vedere i contributi che si trovano in rete e di soffermarsi sui suoi quadri anche se solo in foto. Avviso tutti di non cadere nell’errore, o perlomeno quello che io valuto un errore, di classificare il personaggio, di relegarlo in un determinato cluster. Secondo me Rol non va messo in un dossier con relativa etichetta. Abbattiamo queste barriere mnemoniche, apriamoci serenamente nel cercare di ricevere più vibrazioni possibili.
Il resto è musica di vita.
 
Ci parli del futuro. Sta scrivendo, pensando o organizzando cose nuove?
Recentemente ho sentito il desiderio, di iniziare ad apprendere i primi rudimenti della pittura ad acquarello. Tema che avevo approcciato nel tempo minimamente e superficialmente. Mi sono incontrato già alcune volte con il bravissimo Gianni Spaterna che mi ha messo a disposizione la sua sensibilità e tecnica e quindi mi sto esercitando quasi quotidianamente e dipingere ... nell’acqua. Questa esperienza mi sta affascinando. Il desiderio che cerco sempre di mettere in atto è quello di sperimentare, sperimentare sempre ed anche in campi apparentemente diversi tra loro. Sono convinto esista un sottile filo invisibile che unisce tutta l'arte, basta cercarlo.
 
Per finire ci racconti di questo periodo tremendo del virus. Ha avuto esperienze
particolari, paure, tristezze o gioie inaspettate da raccontare? Cosa rimarrà nel suo cuore dei lunghi giorni passati in quarantena? Con quali speranze e desideri l’uomo Domenico Marino si appresta al ritorno della vita normale, se mai la vita ritornerà normale?
Ho cercato e cerco di continuare a vivere consapevolmente con un piede per terra e l’altro nello spazio, anche quello della meditazione e a questo proposito devo ringraziare due maestri di yoga e meditazione, Carla Perotti e Mino Tamponi. Ritengo sia stata un’immensa fortuna averli conosciuti e frequentati.
Cerco di continuare a vedere e vivere anche questo periodo, da un’angolazione che non mi ha mai deluso, quella del ragazzo di periferia.
Grazie di cuore ai lettori, e buon tutto.

Un saluto e grazie a lei, Domenico, per averci aperto un mondo nuovo, me lo lasci dire, pieno di speranza e di amore.

Claudio Calzoni


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