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Intervista all'attore Fabrizio Rizzolo

Erano anni che non entravo da spettatore vero in un teatro e, devo ammetterlo, non avevo mai visto un musical. L'occasione è stata proposta alla famiglia da mia figlia, vera appassionata del genere e , subito, i biglietti in galleria erano acquistati on line. Lo spettacolo (A Christmas Carol della Compagnia Bit  con testi  e regia di Melina Pellicano e musiche di Stefano Lori e Marco Caselle, https://achristmascarolmusical.it ) è stato rappresentato a Torino al Teatro Alfieri, proprio la sera del 25 dicembre.
Con mia enorme sorpresa ho trovato lo spettacolo bellissimo, e il lungo applauso del pubblico che ha gremito il grande teatro del centro della città mi ha confermato l'impressione. Sarà forse la particolare atmosfera natalizia del momento e del racconto, saranno le spettacolari coreografie e le scenografie a dir poco abbaglianti, o  la musica incalzante e le ottime prestazioni canore dei protagonisti, saranno tutti questi ingredienti o, più semplicemente, sarà che lo spettacolo è bello, trascinante e coinvolgente. L'accurata messa in scena, pur emozionandomi e commuovendomi alquanto, mi ha veramente colpito per mille motivi, non ultimo quello della mia passione per la musica e per la narrazione.
A fine spettacolo ho iniziato subito a cercare notizie sulla compagnia, sugli attori protagonisti e sulla produzione che ha realizzato una così bella e moderna opera, che nulla ha da invidiare alle grandi produzioni di Broadway.
La vicenda narrata nel musical è basata sulla lettura di un grande classico dell'ottocento Inglese, "A Christmas Carol" di Dickens, nato come opera di denuncia sociale e rivisitato spesso nel cinema americano, quasi sempre esaltando il lato un po' tetro e terrorizzante della storia. In questa rappresentazione, invece, colpisce molto l'attenzione al piano umano della narrazione, all'esaltazione dei sentimenti e delle  emozioni del protagonista e dei tanti personaggi che si alternano sul palco.
Appena finito lo spettacolo ho cercato di contattare il vero mattatore della scena, l'attore che dà corpo, volto e voce al signor Ebenezer Scrooge in una performance esaltante, che lo vede sempre in scena, attorniato da una girandola di personaggi interpretati da una decina di attrici ed attori, con la partecipazione di un bel corpo di ballo ed alcuni, adorabilissimi, bambini.
Ho così conosciuto il gentilissimo Fabrizio Rizzolo, piemontese, musicista, cantante, produttore e attore ormai affermato anche nel mondo delle fiction tv e nel cinema.
A questo punto, approfittando della sua disponibilità, ho realizzato, con orgoglio, questa intervista.
La Gazzetta di Hogwords ha l'onore di ospitare, quindi, questa confessione, non priva di passaggi emozionanti, del nostro caro amico.
​Si aprano le quinte e si accendano le luci sul palco. Ecco a voi Fabrizio Rizzolo!
 
Conosciamoci meglio, chi è Fabrizio Rizzolo? Ci disegni il suo autoritratto.
Fabrizio Rizzolo è un bambino che giunge oggi, ben dopo i 50 anni, ad una parvenza di maturità. Non so se artistica, ma quantomeno umana. Quel bambino che iniziò a fare radio a 12 anni e da allora ha raccolto tutte le sfide in cui pensava di potersi lanciare, convinto di poter essere utile nella creazione di cose belle.

Qual è, attualmente la definizione di sé stesso che preferisce?
Semplicemente uno fra tanti. Un artista che cerca di esprimere quello che ha dentro nel tentativo di rendere felici gli spettatori, così come nella vita cerco di rendere un po’ più felici le persone che mi stanno intorno. Non dico di riuscirci, ma certamente ci provo con tutte le mie forze: è l’unica missione che ha un senso, secondo me.


Entriamo nel tema delle sue grandi passioni: il teatro e la musica. Ci può descrivere il suo rapporto con entrambe? Quali sono le esperienze in campo artistico, e le sue sono tantissime, che ama più raccontare e descrivere ai nostri lettori?
La musica è stata decisamente il primo amore. Scoprire di poter creare cose con la musica è stata una rivelazione. A 14 anni mi sono fatto regalare con buona determinazione (il mio papà temeva la “solita” mania del momento) una chitarra, ho imparato 4 accordi e ho scritto 3 canzoni. Dopo due mesi, ero già a registrare un album fatto in casa con due amici. Una roba inascoltabile, ma piena di passione. Poi le band, le serate, e il coinvolgimento nella dance degli Anni 80, con i miei dischi in classifica: una mezza rivoluzione. Poi le produzioni, Gloria Gaynor, Tony Esposito, e i 5 album e i concerti con i Farinei dla Brigna, veri amici con i quali arriviamo anche a Sanremo Giovani.
È stata la musica a portarmi al musical e quindi al teatro, da lì a cinema e tv. Il rapporto con la recitazione è stato estremamente naturale, la necessità di imparare tutto rapidamente, essendoci arrivato tardi, ha fatto sì che scoprissi quel mondo con grande profondità, scavando incessantemente in quello che trovo sia la base dell’interpretazione e che ritrovo anche quando canto ad esempio nei musical: riuscire a creare un’illusione credibile per lo spettatore. Quando sento che il pubblico è con me, e che riesco a trasportare tutti in un viaggio, in un’avventura insieme al mio personaggio, so di aver fatto bene il mio lavoro.

Ecco una piccola, e grande, digressione nel presente. Ci può parlare del bellissimo spettacolo che la vede protagonista in questi giorni nei grandi teatri italiani?
A Christmas Carol Musical è uno spettacolo per me strepitoso. Ne sono coinvolto al 110%.  Il Natale, i tour, i sentimenti di vera amicizia con i colleghi…
Ebenezer Scrooge è un personaggio che non amavo particolarmente (forse perché un po’ mi somigliava… ride), ma studiandolo e lavorandolo a fondo mi ci sono affezionato tanto. Lo porto in scena con grande rispetto e orgoglio, e sono felice che Melina Pellicano, la Compagnia Bit e la DPM abbiano creduto in me per questo ruolo, in un’operazione che vede autori italiani realizzare un musical originale italiano che riscuote così tanto successo da essere visto finora da più di 100.000 spettatori diventando di fatto lo spettacolo italiano di Natale.
 
Visto che la Gazzetta è l’organo di informazione ufficiale delle Edizioni Hogwords, ed ha lettrici e lettori molto interessati al rapporto che si instaura tra i personaggi intervistati e i loro interessi letterari, musicali, teatrali, entriamo a gamba tesa nella sua storia personale. Quali sono stati i passi che la hanno condotta a scegliere una vita carica d’arte? Cosa ha provato quando ha deciso di produrre musica, cantare, recitare, insomma fare della sua arte una vera professione?
La mia vita artistica (e forse non solo quella) l’ho recentemente definita come una sfera che rotola naturalmente giù per il declivio di quest’universo. Io mi lascio rotolare con lei: difficile che faccia scelte drastiche, accetto ciò che arriva perché sono convinto che ci sia Qualcuno che ne sa più di me, poi chiamatelo come volete. I miei NO sono stati finora ad una vita finta, magari nei crocevia professionali dove la convenienza conta più dell’integrità, dove conoscere qualcuno è più importante che meritarsi un ruolo…
Almeno so che ciò che ho ottenuto me lo sono meritato, o perlomeno chi mi ha voluto era convinto di questo, e per me è la cosa più importante.

I suoi cari come si sentono ad avere un artista così completo e famoso che gira per casa?
Mia moglie (Isabella Tabarini) è un’attrice fantastica e penso che sia felice quando le cose mi vanno bene così come io sono felice e tifo per lei. Le mie figlie credo mi vivano in maniera abbastanza divertita e divertente, magari anche con un pizzico di orgoglio… glielo chiederò. E comunque non sono mica così famoso…
 
Quanto è stato importante, nella sua formazione e nel suo successo, l’essere cresciuto in un ambiente teatrale? So che non è facile ma, se le fa piacere, ci può raccontare qualcosa della sua infanzia? Restando poi sul sentimentale, da amante del territorio piemontese, le chiedo qual è stato il rapporto con la cultura e la lingua delle colline astigiane?
I miei genitori facevano saltuariamente teatro amatoriale, mio papà ogni tanto cantava in casa e scriveva tanto, anche racconti. Ho contribuito alla raccolta “Frammenti di me” che ha pubblicato qualche anno fa. Ma non direi di essere cresciuto in un ambiente artistico, più sportivo forse. Ho fatto nuoto agonistico da bambino e avevo buone chances di raggiungere addirittura la Nazionale, ma smisi perché volevo giocare a calcio. Ho fatto anche tornei di tennis, qualche gara di sci, pallavolo…
Poi di colpo vidi una chitarra in una giornata al mare suonata da amici, e me ne innamorai. A nove anni avevo già scritto alcune poesie e una canzone ridicola con la tastierina, ma fu quella chitarra (che custodisco ancora gelosamente) che mi fece capire tutto.
Io vivo a Isola d’Asti e difficilmente me ne andrò: ho resistito alle sirene romane dove è più facile trovare lavoro nel cinema, e sono fuggito da Milano 35 anni fa. È bella, ma non fa per me. Asti è una città abbastanza chiusa, che gli artisti spesso criticano. Ma io la adoro, perché non ti dà niente per niente. Sei tu che devi dare, senza aspettarti mai nulla in cambio, e allora ti ricompenserà abbondantemente. In fondo non siamo un po’ tutti così?
Aver fondato e militato per 7 anni nei Farinei dla Brigna (canzoni quasi tutte in piemontese, spesso con toni goliardici) dimostra quanto sia legato a questa terra, alle sue tradizioni, alla sua essenza.

Ci parli del futuro. Oltre allo spettacolo del Musical “A Christmas Carol” che la compagnia Bit sta portando in giro per l’Italia con grande successo cosa riserva il domani all’uomo Fabrizio? Sta pensando, provando, scrivendo o organizzando cose nuove?
In ballo c’è un nuovo film di cui non posso – e non voglio – rivelare nulla… Poi riprenderò a teatro con “Valjean”, un musical che ho scritto insieme a Fulvio Crivello e Sandro Cuccuini e che oggi vanta più di 80 repliche con un ensemble orchestrale dal vivo, oltre alla versione con solo il pianoforte. Saremo a San Mauro Torinese, Alassio, Bolzano.
E sto prendendo coraggio per scrivere un lungometraggio a cui tengo molto, forse per la mia prima regia. Vedremo.

Per finire ci racconti di questo periodo tremendo del virus ormai lasciato, speriamo, alle spalle. Ha avuto esperienze particolari, paure, tristezze o gioie inaspettate da raccontare? Cosa rimarrà nel suo cuore dei lunghi giorni passati in quarantena? Con quali speranze e desideri l’uomo Fabrizio Rizzolo sta tornando alla vita normale, se mai la vita ritornerà normale?
La tristezza riguarda le persone coinvolte a livello di salute e a livello professionale dal Covid-19. Molti colleghi hanno sentito l’acuirsi delle difficoltà in un campo come quello artistico dove è sempre problematico tirare a campare. Io sono stato fortunato, in campagna abbiamo sofferto meno l’isolamento e ne ho approfittato per stare in famiglia. Per fortuna a livello sanitario non ci sono state emergenze o lutti in famiglia.
Cosa rimarrà? Lasciatemi essere un po’ cinico qui. In generale rimarrà qualche rivendicazione e polemica, e un ricordo sbiadito sebbene surreale di quel periodo. Non credo resterà invece molto delle bandiere o dei canti sui balconi. L’uomo dimentica troppo in fretta, anche se a volte è un meccanismo di sopravvivenza necessario.  E comunque io dico che se abbiamo bisogno di una pandemia per diventare una specie migliore, siamo messi maluccio…
Non credo sinceramente che la vita fosse normale prima, così come non lo è dopo la pandemia. La vita non è normale, e magari è pure meglio così. Oppure la vita è normale proprio perché ci capitano tutte queste situazioni. Cosa ci può insegnare? A non dare nulla per scontato, a rotolare sorridenti giù per il declivio dell’universo accettando qualche scossone e qualche botta, sperando che esista qualcosa come la clemenza. E rispettando quelli che abbiamo vicino, perché non sai mai quante botte hanno preso. Ma se faccio troppa filosofia fermatemi…! (ride)
 
Infine, le chiedo gentilmente di fare un saluto ai nostri lettori che, da oggi, avranno un amico in più da seguire in teatro, nelle fiction televisive e nei concerti.
Grazie per avermi letto fin qui. È un privilegio poter raccontare un po’ di me e di ciò che amo a voi che avete a cuore cultura e conoscenza. Non temete, sono due compagne che pagano sempre.

Salutiamo Fabrizio, certi d'avere fatto conoscere ai nostri lettori un protagonista del mondo culturale unico e veramente particolare, dall'intensa vita artistica e molto legato alla sua terra. Lo ringraziamo, pregandolo di porgere i nostri omaggi al sig. Scrooge, quando lo incontra...

Claudio Calzoni

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