Carissimi lettori, affezionati amici.
Questa Pasqua non è stata certo facile o serena. Il Virus, la malattia, la clausura, hanno creato problemi enormi per tutti. Inutile ricordare quanto l''impossibilità di vedersi e abbracciarsi, di festeggiare assieme alle nostre famiglie uno dei giorni più importanti del nostro calendario, siano state condizioni molto difficili da accettare sia moralmente che fisicamente un po' per tutti. Il senso di solitudine, di abbandono, di immobilità di questi giorni è stato effettivamente molto forte e molto sentito, soprattutto dagli animi più sensibili. Ora la Gazzetta di Hogwords, organo ufficiale della omonima casa editrice, dopo aver pubblicato su queste pagine molti pensieri, poesie e riflessioni di amiche scrittrici e amici scrittori, personaggi del mondo della cultura torinese e giornalisti importanti, ha proposto, per ridare voce alle emozioni degli artisti e degli affezionati lettori, di chiedere alle menti immaginifiche e prolifiche degli amici di "raccontare il prossimo Natale". Certo non è un concorso a chi la spara più grossa e non siamo nemmeno una agenzia di scommesse per cui vince chi ci azzecca, chi va più vicino alla descrizione di cosa succederà fra 8 mesi. Le speranze del direttore risiedono tutte nel "cuore" di chi si cimenta con questa iniziativa. Le riflessioni , i racconti, le piccole o grandi opere, potranno arrivarci anche in formato video, e saranno pubblicate su questa pagina, e sul canale You Tube della Gazzetta di Hogwords. Da buon vecchio mestierante non mi permetterò di giudicare, intervenire o non pubblicare qualcosa, lasciando liberissimi tutti gli artisti di dire, e scrivere, nei limiti della decenza e delle regole dell'educazione, ciò che pensano o credono succederà nel loro personalissimo Natale 2020. In questa pagina trovate un'originale riflessione sul respiro musicale di Danilo Tacchino, l'analisi serena di Maria Concetta Distefano ed un messaggio dal futuro inviato da Alessandro Zolcani. Un saluto e buona lettura. Claudio Calzoni |
Danilo
|
Maria Concetta DistefanoCome immagini il tuo Natale 2020 ?
Caro Claudio, Hai fatto una domanda difficile. Mi verrebbe da dire, se fossi dell'umore solito, passiamo alla seconda o a una di riserva. Non sono del solito umore e cercherò quindi di risponderti seriamente. Non ho una sfera di cristallo e inoltre, bombardata come sono da notizie false, vere, mezze false, mezze vere, da deliri di ogni tipo, non ho alcuna idea di previsione sensata. Vorrei, vedrei, però, un Natale 2020 con brindisi con gli affetti più cari allo scampato pericolo, a una rinascita economica del nostro Paese e a stili di vita che dovrebbero tener conto del pianeta e delle sue necessità che non collimano quasi mai con i nostri bisogni più o meno indotti, più o meno consapevoli. Sarebbero, però, brindisi diffidenti con calici che appena si toccano, a braccia allungate. Non prevederei baci schioccanti sulle guance degli amici e dei vicini e, men che mai, baci e abbracci estemporanei a perfetti sconosciuti nelle vie e piazze cittadine se per caso si potesse pensare di festeggiare il Capodanno "all'antica" coi fuochi d'artificio su fiumi o laghi, colli o spiagge. Sarà, forse, un Natale di buonissimi propositi e desideri inconfessabili. Maria Concetta Distefano Torino 16 aprile 2020 |
Alessandro ZolcaniNatale 2020
Impressioni dal futuro. Carissimo, come puoi vedere ti scrivo dal futuro. Domani, a dispetto del tuo calendario, qui sarà Natale. Dovrei raccontarti troppe cose di questo anno incredibile, so che lì, nel tuo tempo che è il mio passato, avete appena festeggiato la Pasqua. Tutti chiusi in casa, nel silenzio totale, tra la disperazione ed il senso atavico della ribellione, tra il dolore degli ammalati, dei morti, e la voglia di rinascere, di ritornare a vivere liberi e felici. Ricordo bene quei giorni, tra il silenzio delle strade, le code alla posta, al supermercato ed il senso profondo di oppressione al cuore. Chi lavorava viveva nella paura, o nell'indifferenza. Quelli che potevano correvano in macchina su corsi cittadini senza traffico, assaporando la velocità ed il terrore di incontrare una pattuglia di vigili, o peggio ancora, di incrociare una ambulanza a sirene spiegate. Ragazzi, bimbi, famiglie intere, bloccate tra quattro mura infinitamente strette, balconi come palcoscenici, computer sempre accesi e telefoni caldi. Chat sconcertanti, lezioni innovative con professori e alunni chiusi in casa e finestre aperte, tendine tirate, raggi di sole fino al divano. I vecchi lontani, soli in casa o peggio ricoverati, rinchiusi in residenze cariche di morte ed ancor peggio di solitudine inguaribile, amara. Certo ricordo bene la prima settimana, tanti a battere pentole fuori dalla finestra, urlare a squarciagola inni italiani e canti di battaglia. Andrà tutto bene. Poi abbiamo, hanno, capito tutti cosa ci sarebbe successo. Uno sbaglio, un attimo, un tocco, una stretta di mano, un respiro e il maledetto, l’invisibile, il viscido avrebbe colpito. Non per noi, non per me, avevo ed ho paura. Per chi mi stava vicino, per chi non avrei voluto abbandonare, per chi non si sarebbe dovuto ammalare tremavo, e tremo ancora. A casa, o in giro con le protezioni, su autobus in ritardo, sulla metro vuota, o sul divano, nel letto, cucinando, leggendo, sorseggiando il tempo, abbiamo aspettato, confortati dal sole o dalla pioggia fuori, scossi ogni sera dai telegiornali, dalle parole inutili di mille e più esperti, politici e giornalisti ancor più schierati. E per passare il tempo ci hanno fatto promesse, sapendo bene quando sarebbe crollata un’economia fragile fatta di soprusi dei burocrati e di ricatti di potenze alleate a schiacciare i popoli in nome del denaro. E’ passata l’estate, ed è già inverno. Non è cambiato molto, soprattutto per gli anziani. Fanno attenzione, rischiano ancora e troppo. In fondo la scienza non ha dato risposte, brancolando nel buio come sempre. Le certezze di uno sono i dubbi di altri, quello che in fondo interessa sono i guadagni, anche in questi tempi, soprattutto adesso. L’albero in sala è addobbato, nei cieli brillano le stesse stelle dell’anno scorso, e nel cuore il desiderio di ridere e scherzare, abbracciare gli amici e soprattutto i cari, che sono sempre meno, ma ci sono ancora. Una cosa è buona, non parlano più tanto, alla televisione sono spariti i soloni, e anche i politici, vergognandosi, non si fanno vedere. Restano i problemi, alcuni insormontabili. Oltre alla salute, che sta per decimare i nostri vecchi e i malati di altre malattie, ben più importante è la situazione estrema dell’economia, con molte imprese rase al suolo e imprenditori ormai più propensi al suicidio che alla lotta. Quello è il vero cancro che sta uccidendo l’Italia, solo lo Stato capisse ed intervenisse con qualche soldo, in un attimo tutto sarebbe risolto. Abbiamo ancora intelligenza e forza, e potenzialità enormi e grandi imprenditori, abbiamo voglia di lavorare e di rinascere perché siamo così, forse stupidi o ingenui, ma pronti a rimetterci in moto. Guardo bambini correre per strada, nel freddo di questa sera, tra le luci sommesse di un Natale nuovo, sobrio e dimesso. Altro non ti racconto, non ti spavento e non ti illudo, né voglio demoralizzarti o prometterti gioie. Passerà il tempo, come è passato finora. Passa un aereo in cielo tra le stelle, ne vedo un altro, non è molto ma è un segno di speranza, una piccola luce nella notte scura, come se avessi visto, scampanellante e splendida, la slitta illuminata di Santa Klaus… Buon Natale mondo… Alessandro Zolcani Torino 18 aprile 2020 |