Intervista all'Attore Gianfranco JannuzzoOggi la Gazzetta di Hogwords porta i lettori nella bellissima terra di Sicilia a conoscere un personaggio che, grazie al teatro, alla televisione ed alcune partecipazioni cinematografiche è un volto quasi familiare per tutti. Con la complicità del caro amico Salvino Cavallaro, giornalista torinese ormai di casa a Milazzo, sono riuscito ad ottenere, per la nostra web-zine, una intervista con il famoso e notissimo attore Gianfranco Jannuzzo e mi accingo a presentarla, non senza qualche timore reverenziale. L’intervista è frutto di una lunga telefonata, dai toni semplici e amichevoli, fatta con il signor Jannuzzo (e signore è il più giusto dei termini) in una di queste caldissime e assolate giornate d’Agosto. Certo la scenografia di questa intervista telefonica è stata quella di un ufficio torinese, mentre avrei preferito intervistare il mio interlocutore in un posto a lui più caro, essere sul lungomare della costa siciliana (magari a Porto Empedocle), gustando un aperitivo o passeggiando nella Valle dei Templi o tra i quartieri di Agrigento. Ma lascio all’immaginazione delle lettrici e dei lettori la scelta del paesaggio giusto di questa proficua chiacchierata. Invito tutti quindi ad incontrare Gianfranco Jannuzzo, sperando di riuscire a trasmettere attraverso queste righe l’empatia, la simpatia e la grande signorilità professionale ed umana che ha espresso, a me a tutti i lettori, attraverso il cavo telefonico, questo grande protagonista dello spettacolo e della scena teatrale italiana.
Iniziamo con la nostra passione per i libri. Ci permetta di fare una piccola, e grande, digressione nel presente. So che recentemente è uscito un suo libro intitolato “Gente Mia”. Ce ne può parlare? Certamente e molto volentieri. Sa, io sono Agrigentino e come tutti i Siciliani, e credo come tutti al mondo, amo la mia terra e la mia città in modo viscerale. La mia città ha quartieri diversi e con stratificazioni storiche ed esperienze umane differenziate. Il quartiere di mio padre, storicamente influenzato dai greci, dai bizantini, dai normanni, dagli arabi è molto popolare, molto vissuto dalla gente e prende il nome dalla Via dei Greci che lo attraversa. Mentre il quartiere in cui viveva mia madre ha sapori totalmente diversi, più nobili e moderni. E’ il quartiere della passeggiate, dello struscio nel Viale alberato, che noi chiamiamo Vialone. E’ un tema, quello dell’attaccamento con la città in cui si vive, che mi ha sempre interessato ed affascinato moltissimo. Credo sia un tema universale. Chi vive, frequenta persone, ama, cresce, lavora, studia e si diverte in un luogo non può non amare la città, il paese, il quartiere che fa da scenografia alla sua vita. Per questo, durante il periodo della pandemia ho pensato di riscoprire le tante foto che, nel tempo, avevo fatto alla mia città, ed ai volti delle persone che la abitano. Da questo lavoro di raccolta è nato il libro “Gente mia” edito da Medinova, accolto, con mia grande gioia e soddisfazione, direi favorevolmente dalla critica. Certo, abbiamo letto critiche e recensioni molto belle riguardanti il libro. Le immagini in bianco e nero delle strade, delle bellezze architettoniche e soprattutto dei volti intensi ed espressivi degli abitanti di Agrigento, correlati dagli interventi letterari dell’autore, danno al volume una validità documentale ed emozionale molto forte. Passiamo ad un'altra domanda. La Gazzetta di Hogwords è l’organo ufficiale di informazione delle Edizioni omonime, ed ha lettori particolarmente interessati alle passioni letterarie ed artistiche dei personaggi intervistati. Quali sono stati i passi che la hanno condotta a scegliere una vita carica d’arte? Cosa ha provato quando ha deciso di fare della sua arte una vera professione? Quando ero un ragazzo ad Agrigento si esibiva un attore chiamato Renzino Barbera che era un affabulatore straordinario. Io ed altri ragazzi non potevamo permetterci il lusso di un posto, ma i proprietari del teatro ci facevano stare seduti per terra ad assistere allo spettacolo. Il signor Barbera era veramente un grande attore, un signore molto elegante che raccontava una Sicilia bella, un po’ diversa dal solito, molto spiritosa, molto allegra, molto vivace. Noi Siciliani siamo spontanei, immediati nei rapporti e le storie raccontate da quel grande attore erano lo specchio della vita. Rimanevo affascinato da quelle storie e da chi le raccontava. Poi la mia famiglia si trasferì a Roma, perché i miei genitori volevano dare a me e ai miei fratelli l’opportunità di studiare all’Università. Vidi lo spettacolo “A me gli occhi, please” di Gigi Proietti, e quella fu una vera folgorazione. Lo spettacolo, il primo vero spettacolo importante di Gigi Proietti, fu una sorta di spartiacque per tutto il teatro italiano. Quel recital, un “one man show” frizzante e moderno, divenne per tutti un punto di riferimento importantissimo, sia per l’importanza dell’attore che per il suo modo di recitare, di interpretare il testo con ironia e empatia eccezionale, che svecchiava e prendeva in giro, quasi, il modo paludato di recitare di tanti mattatori del teatro italiano. Rimasi molto colpito da Proietti e cercai di mettermi in contatto con lui. Seppi che stava cercando attori per fare dei provini per aprire una scuola di recitazione. Feci il provino, insieme a molti, moltissimi altri. Arrivato in Sicilia per le vacanze estive arrivò il telegramma. Mi avevano scelto, ero uno dei 25 fortunati. Dopo aver fatto salti di gioia per essere stato ammesso mi chiesi, attonito “E adesso chi glielo racconta a papà?” Avevo fatto tutto di nascosto da mio padre, confessando alla mamma la mia passione per il teatro mentre lui sognava il mio futuro da avvocato, magistrato, notaio. Il mestiere di attore è molto aleatorio, non certo molto remunerativo e i miei, soprattutto mio padre, sognavano per me ben altro futuro. All’inizio era molto sospettoso sulla mia scelta di vita. Ma mi è andata bene, perché ho cominciato a capire che avrei potuto vivere del mio lavoro, della mia passione e da quel momento tutto è andato per il verso giusto. I suoi cari come si sentono ad avere un artista così completo e famoso che gira per casa? Mio papà e mia mamma, erano particolarmente orgogliosi di me. I miei fratelli e sorelle sono felici, credo, di assistere a tutti i miei spettacoli. Certo la mia è stata una scelta coraggiosa ma, per fortuna, è andata bene. Restando poi sul sentimentale, posso chiederle di confessare quale è stato il personaggio che più ha amato interpretare? Guardi, posso confessarle, con un certo pudore, che qualche anno fa ho affrontato il personaggio di Ciampa del Berretto a Sonagli di Lugi Pirandello. E’ un personaggio complicato, di solito interpretato da attori molto avanti negli anni. Il tema del dramma è quasi contro la stessa natura dell’uomo. Il personaggio, per motivi che non sono chiari, decide che, pur di avere con sé la donna di cui è innamorato pazzo, accetta il fatto di dividerla con un altro uomo. Detta così la questione sembra semplice, ma non lo è per niente, a partire dalle nostre convinzioni mentali in campo affettivo (e non parlo solo da Siciliano). Ricordo che la commedia è stata scritta nel 1910, al tempo della legge che permetteva il delitto d’onore. In scena ero un uomo giovane che aveva di fronte questo grande dubbio e lo risolve con un escamotage clamoroso, quello della follia. La psicologia umana, la malattia mentale vera o presunta è un altro tema carissimo a Pirandello, che considero il più grande e più completo drammaturgo italiano, una spanna sopra tutti gli altri. Sapeva raccontare il suo tempo con una modernità straordinaria. Insomma è il nostro Shakespeare. Ci parli del presente e del futuro. Ha in programma qualche spettacolo da portare in tournee in giro per l’Italia? Ha in programma di venire a Torino? A Torino sono veramente molto legato. Ho un rapporto bellissimo con il Teatro Alfieri e, dopo le prime recite dello scorso anno, senz’altro tornerò in tournee con la commedia “Il padre della Sposa” in cui recito con Barbara De Rossi, nel ruolo che nelle riduzioni cinematografiche era stato affidato prima a Spencer Tracy e poi a Steve Martin. L’anno scorso abbiamo fatto qualche data a Milano e Torino e quest’anno saremo in giro per tutta la stagione nei teatri di tutta Italia Per finire ci racconti di questo periodo tremendo del virus ormai lasciato, speriamo, alle spalle. Ha avuto esperienze particolari, paure, tristezze o gioie inaspettate da raccontare? Cosa rimarrà nel suo cuore dei lunghi giorni passati in quarantena? Con quali speranze e desideri l’uomo Gianfranco sta tornando alla vita normale, se mai la vita ritornerà normale? Sono un uomo, l’avranno intuito i suoi lettori, che pensa sempre in positivo. Non posso nasconderle che il periodo della Quarantena è stato molto duro. Praticamente per due anni i teatri sono stati chiusi, e i tentativi di fare spettacolo con il distanziamento e le mascherine tra il pubblico non sono andati certo a buon fine. Il teatro è stato ammazzato per troppo tempo, in un modo vergognoso. Inoltre, durante la Pandemia, come tutti, ho perso molti amici. Alcuni erano anziani, altri no e, mi creda, quelle perdite hanno lasciato un vuoto incolmabile. In quel periodo ci siamo accorti della nostra fragilità, e non è stato facile affrontare tutti i problemi di quei giorni. I teatri chiusi, il mio lavoro fermo completamente, e questo peso profondo nel cuore, nell’anima. Ora tutta sembra ritornare alla normalità, i teatri tornano a riempirsi, la gente ha voglia di tornare a seguire gli spettacoli, emozionarsi, ridere, piangere, soprattutto stare insieme agli altri. Perché se c’è qualcosa che è rimasto in tutti noi è, penso, la rinnovata ricerca delle cose belle, delle cose importanti. E’ come se, improvvisamente, ci fossimo accorti di quanto sia importante fare azioni giuste, concedersi il lusso di evitare le stupidaggini, le inutilità e pensare, finalmente, alle cose concrete e importanti della nostra vita. E il Teatro è, da sempre, il posto giusto per ritrovare le emozioni e la forza per affrontare le avversità, immedesimandosi nei personaggi, assaporando le storie, siano drammi o commedie, che raccontano la nostra esistenza. Infine, le chiedo gentilmente di fare un saluto ai nostri lettori che, da oggi, avranno un amico in più da seguire in teatro, nelle fiction televisive e nei film al cinema. Un caro saluto a tutti i lettori da parte mia, il vostro Gianfranco Jannuzzo. Claudio Calzoni |