Il Discobolo: Simphonie Celtique "Tir na n'Og" Alan Stivell
Symphonie Celtique di Alan Stivell
Oggi vi presento uno dei tanti capolavori composti ed eseguiti da Alan Stivell, uno dei personaggi più importanti per l’evoluzione della musica mondiale degli ultimi sessant’anni. Il disco, uscito nel 1980 ed acquistato nel 1981 del sottoscritto, si intitola Symphonie Celtique: Tir na n’Og. È un album doppio ed è composto da sedici brani (dai titoli rigorosamente riportati in dialetto bretone) e, a parte qualche testo incomprensibile (oggi troviamo qualche traduzione, ai tempi non se ne poteva far nulla) ha una base prettamente musicale.
Dilungarmi ora sulla figura di Alan Stivell (Alain Cochevelou nato a Riom il giorno dell’Epifania del 1944) sarebbe inutile e stopposo visto che l'artista è ancora in attività. Invito tutti i lettori ad andare su Wikipedia a scoprire la straordinaria vita di questo artista poliedrico che a nove anni riceve del papà il più bel regalo: un’arpa celtica, la prima ricostruita dopo centinaia di anni, fatta, seguendo i disegni ed i consigli degli artigiani, dal papà. Il ragazzino fa il primo concerto a nove anni, a undici si esibisce al teatro Olympia suonando tre canzoni. A tredici anni inizia a studiare il dialetto, no la lingua, bretone. Ansioso di appropriarsi della cultura e delle tradizioni di quella che ritiene la sua terra si dedica allo studio delle leggende e della musica del luogo, iniziando a suonare la bombarda, il piffero, la cornamusa. A quattordici anni è il solista di uno dei gruppi più importanti di musica bretone tradizionale. La storia della musica sta per cambiare. Al ragazzo, che oltretutto ha una bellissima voce da bardo, viene data carta bianca dall’industria del disco e lui inizia a registrare album. La sua discografia è immensa, soprattutto perché i suoi dischi e le sue esibizioni dal vivo iniziano a girare per il mondo. Con lui la musica tradizionale inizia a fondersi con i ritmi del rock, le atmosfere celtiche (nebbiose ed evocative) diventano ballate meravigliose mettendo in mostra il virtuosismo assoluto sia all’arpa che alla cornamusa del ragazzo triste con i capelli lunghi. Ogni disco è un passo verso il successo, ogni brano un esperimento di fusione tra la musica del popolo e quella dei giovani: chitarre elettriche, organi e mellotron, il basso, le batterie e le percussioni rendono straordinariamente moderne le antiche ballate ed ai suoi concerti la gente balla i passi antichi, canta in dialetto, ritrova una unità regionale molto forte. Sento le sue canzoni quando, quattordicenne, passo un mese a Quimpere in un istituto Lassalliano. L’esperienza è di quelle che segnano una vita intera. Tra quelle spiagge lasciate asciutte dalle maree, tra le rocce ed i fari della costa, tra i tanti calvari agli angoli di strade perse nella nebbia e le guglie di antichissime e possenti cattedrali, non posso fare ameno di sentirmi un antico cavaliere medioevale. Divento Lancillotto e mi sembra di vivere in una terra già conosciuta, già amata. Una terra che ritroverò più avanti in vacanze veloci ma che rimane il mio “posto”, la mia vera casa. E la musica di Alan Stivell è stata, ed è ancora la musica di quella terra. Il ragazzo dietro all’arpa, ormai anche in versione elettrificata, sforna capolavori e inventa (o meglio reinventa) la musica Celtica. Tutti gli artisti di quei tempi si ritrovano a frequentare la musica folcloristica della loro terra e molti si allacciano proprio alla figura di Alan (in Italia Angelo Branduardi, la nuova Compagnia di Canto Popolare e moltissimi altri) ed i ritmi sincopati bretoni si riascoltano dalla Scozia ai Paesi Baschi. Nascono moltissimi festival popolari, la festa si prende il popolo ed il popolo, nell’identità della tradizione, ritorna a riconoscere la festa. Nel 1981 ho la fortuna di acquistare quest’album, nel 1983 (credo) vado a vedere il concerto di Alan alla Pellerina di Torino. Rivedrò questo grande artista moltissime volte (ai tempi veniva in Italia regolarmente) a Torino, ad Aosta, a Villar Pellice e non mi sono perso un suo concerto in casa, al festival interceltico di Lorient. Credo che per chi voglia avvicinarsi a questo artista i video che propone You Tube siano eccezionali. Naturalmente l’ho conosciuto personalmente e, credetemi, l’eccezionale artista è un uomo simpaticissimo, gioviale ed estremamente umile. Per avvicinare l’ascoltatore al disco era necessaria questa piccola introduzione perché la Symphonie Celtique è una vera e propria bomba musicale, qualcosa di unico, difficile, importante. Un’opera ambiziosa, colossale e ridondante ma assolutamente eccezionale. Il disco, come tutti quelli di Alan, è un concept album, cioè un lavoro che è basato su un’idea, su una storia da raccontare. E la storia è già nel sottotitolo: il Tir na n’Og è il Paradiso celtico, il luogo dove si arriva dopo la morte. Ci troviamo quindi di fronte ad una sorta di Divina Commedia bretone. È un viaggio nell’ignoto attraverso l’anima e le emozioni dell’uomo fatta di echi antichi, di suoni incredibili, di onde del mare in tempesta e piena di druidi, di sacerdoti, di antichi dei e cavalieri, regine e donzelle disperate. Nel disco suona tutto il mondo visto che hanno collaborato al progetto i migliori virtuosi del tempo. Suonatori di strumenti antichi tradizionali, jazzisti, vecchi rockers, inventori di atmosfere e di musica nuova. Tutta la world music poi diventata famosissima nasce da qui, da questa grande festa della contaminazione e dell’unione dei popoli, che affermano, comunque le loro caratteristiche e le loro peculiarità. Essendo estremamente lunga e complessa l’opera a volte appare troppo carica di significati, ma la prima facciata (da ascoltare con l’animo preparato alla ricerca della spiritualità e la fantasia preparata a volare sulle spiagge nebbiose e tra le dune vicino all’Oceano) e la quarta, la Festa Universale, che cementa musicalmente le esperienze di tutti i popoli terrestri, credo restino veri capolavori e siano imperdibili da chi, per vari motivi, non ha conosciuto il grande artista Alan Stivell. Sicuro che vorrete seguire i miei consigli e certo che, alla fine, danzerete felici le note dell’abbraccio finale, termino questo articolo con la consapevolezza di aver proposto alle vostre anime, ed alla vostra sensibilità, cari lettori, un’opera ed un artista che hanno riempito di emozioni e di vibrazioni la mia vita di sognatore. Spero possano riempire di gioia anche le vostre.